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Delicatessen

1991
Titolo Originale:
Delicatessen
REGIA:
Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro
CAST:
Dominique Pinon
Marie-Laure Dougnac
Jean-Claude Dreyfus

Il nostro giudizio

La coppia Jeunet-Caro dirige un humour nero a tratti contaminato con l’horror, tra cannibali, macellai assassini e vegetariani integralisti.

In tempo di guerra ogni buco è una trincea. Così dice l’avito proverbio, così fanno i sordidi condomini di Delicatessen, brutti, sporchi, cattivi e affamati. La guerra è in realtà una carestia generale che, unita alla crisi economica con conseguente svalutazione e scomparsa di carta moneta, ha lasciato gli abitanti sul lastrico e con la pancia vuota. Il rimedio c’è, a ben vedere, ed è quello di staliniana memoria, ovvero consumare la carne in esubero, per esempio quella degli affittuari che non si possono permettere più la pigione. Chi riscuote è il perfido Clapet (Jean-Claude Dreyfus), macellaio, tenutario e aguzzino che commercia carne (umana) in cambio di legumi, che affitta una camera all’ex fenomeno da baraccone Louison (Dominique Pinon) e che è pure il padre padrone della bella, occhialuta Julie (Marie-Laure Dougnac), di cui Louison è come da copione innamorato. Insomma, un bel triangolo a cui si aggiungono le pretese del ripugnante e burbero postino (Chick Ortega), marcantonio da spavento in grado di sfondare i vetri a colpi di catarro, nonché le stramberie assortite dei condomini. La depressa che tenta il suicidio nei modi più improbabili, lo spasimante ritardato che, credendo l’amata in pericolo, si taglia una gamba come pegno d’amore, offrendola al macellaio che in realtà desiderava ammazzare qualcun altro e via discorrendo.

La follia regge alla perfezione un ecosistema basato sul reciproco riciclaggio e sul consumo delle scorie. Chi è vecchio ha d’altronde più probabilità d’essere usato come prodotto di scambio per evitare la morosità. È così che un inquilino in bolletta si garantisce una proroga, sbolognando la suocera rimbambita al pingue Clapet. Non senza un briciolo di risentimento, s’intende, determinato più dal conflitto di classe che da altro: “Ricchi di merda, se la cavano sempre”. Ma non tutti la pensano allo stesso modo. A parte la svampita e pentita Julie, che tenterà di salvare Louison dalla mannaia paterna, le fogne che si intrecciano sotto l’abitato brulicano di un esercito di vegetariani integralisti in tuta subacquea, decisi a muover guerra alle bande cannibali del mondo superiore.
Se a questo si aggiungono i trenta sacchi di mais accumulati da Clapet, il baratto è garantito. Le preziose sementi in cambio di un sequestro lampo che metterà in salvo la coppietta innamorata. Le cose non vanno come dovrebbero, e il blitz si trasforma in uno scontro armato prima, in un’insurrezione generale poi. Gli altarini si scoprono, i rancori esplodono, il buon Louison dovrà allora riscattare la sua diletta dalle mire paterne e da quelle sempre più incestuose del postino, copia perfetta e complementare di Clapet. Jeunet e Caro ambientano il loro film in uno spazio-tempo distorto e indefinibile. Al dì là di una sceneggiatura straordinaria, che si avvale di ottime interpretazioni, i pregi di Delicatessen sono la fotografia di Darius Khondji e la scenografia di Aline Bonetto, metallica e fumosa la prima, retrò e gotico-industriale la seconda. Il risultato del rapporto è qualcosa di ibrido e decadente, a cavallo tra Querelle de Brest di Fassbinder e lÁlex de la Iglesia di Azione mutante.