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Decamerone ‘300

1972
Titolo Originale:
Decamerone '300
REGIA:
Renato Savino
CAST:
Osvaldo Ruggeri (Falcotto)
Rosalba Neri (Fenicia)
Mirella Pace (Colombina)

Il nostro giudizio

Decamerone ‘300 è un film del 1972, diretto da Mauro Stefani.

«Rosalba Neri era molto bella e si sapeva comportare. In questo caso, per esempio, ho fatto un film divertente, bello perché è vero. Sembra di stare in compagnia del Boccaccio. Sono riuscito a scriverlo nel dialetto di allora, infatti, dopo che l’ho presentato me ne hanno chiesto subito un altro e gli ho tirato fuori Mamma li turchi». Soggetto sottinteso Decamerone ‘300 (1972). E questo era quel che ci diceva Renato Savino, il regista del film, tredici anni fa. Il film facavea parte di quei quattro o cinque decamerotici introvabili e inviolati: Novelle galeotte d’amore (che tale è rimasto) di Margheriti, I racconti romani di una ex-novizia di Pino Tosini, e l’altro Savino dello stesso tipo, Mamma li turchi. Alla fine è saltato fuori, questo Decamerone ‘300, da una copia in 35 mm che dà sul rossastro e sembra avere patito alcune sforbiciate. Savino era nel giusto, ad ogni modo: Rosalba Neri, non fosse bastato un divulgatissimo servizio fotografico preso sul set mentre fa le abluzioni in un torrente a certificarlo, qui era veramente all’acme della bellezza, anzi di più: venustissima, sia nuda sia vestita, nella parte di Fenicia, nutrice della bionda Fiordalba (Christa Linder) che insieme a un servo, Toro (Emilio Marchesini), e a uno sciupa femmine, Falcotto (Osvaldo Ruggieri), deve scortare la pulzella in quel di Empoli perché venga sottoposta a ispezione che ne testimoni l’illibatezza prima del matrimonio (in ballo ci sono una montagna di fiorini che la nutrice, in caso di esito negativo, dovrà sborsare).

Ha la struttura di un road-movie medievale a bordo di un carro, con soste lungo il percorso che offrono il destro ad altrettanti episodi salaci: una donna, Bindoccia (Isabella Wolff) che manda il marito (Vincenzo Calistro) a Corneto, facendosi credere imbarazzata di ventre; alcuni lestofanti al comando dell’attore feticcio di Savino, Marco Zuanelli che vengono offerti in olocausto sessuale a  un gruppo di infoiatissime paesanotte (c’è anche Rosemarie Lindt); Colombina (Mirella Pace) che con uno stratagemma cruento si sbarazza del geloso marito; e un frate (Claudio De Davide) in odore di santità, che con la frescaccia dell’augello Grifone si piglia il piacere dalle proprie opulente fedeli e mette sotto (anzi, si mette davanti, a pecorella) anche la Linder. La tappa del viaggio prima della meta è la casa di un cerusico (Beniamino Maggio) che, siccome Fiordalba tutto è fuor chè illibata, conosce un misterioso sistema per reintegrarel ’onore violato delle ragazze. I primi due nomi in cartellone appartengono a Rosalbina (un vezzeggiativo che Savino parlando di lei usava spesso) e a Ruggeri, Falcotto di nome e di fatto per la rapacità con cui preda tutte le grazie muliebri che gli capitano a tiro, benché alla fine faccia la figura di quel famoso piffero che andò per suonare e restò suonato.

Attore ma soprattutto doppiatore, con una magnifica e riconoscibilissima voce impostata, Ruggeri accresce la schiera degli improbabili (nel caso di specie per l’allure e le movenze un po’ effeminate) tombeurs des femmes che, al pari delle mirifiche donzelle, costituiscono la gloria del genere boccaccesco. Restando in zona doppiaggi, nutro il sospetto che la voce di Fenicia appartenga alla stessa Rosalba, ma lascio la soluzione alle expertises di chi si intende della materia. Ruspante e divertente – un paio di parole andrebbero spese anche per Christa Linder, che ha come caratteristica quella di riuscire sempre incredibilmente simpatica, in qualunque film di qualunque genere –, con le volgarità in adeguata dose e l’aulica letterarietà dei dialoghi di cui Savino menava giusto vanto, Decamerone ‘300 non contravviene neppure alla regola della canzonetta memorabile di cui nessun decamerone potrebbe fare a meno: qui il pezzo forte (molto beat) è cantato da certa Maria Teresa, che possiede un’estensione vocale tale di far pensare addirittura a Mina.