Featured Image

Dark Matter

2023
REGIA:
Stefano Odoardi
CAST:
Giulio Cecchettini (Thomas)
Alessandro Demcenko (Antonio)
Angelique Cavallari (Elena)

Il nostro giudizio

Dark Matter è un film del 2023, diretto da Stefano Odoardi.

Il tema è scabroso e insolito nel cinema italiano: la scomparsa dei bambini. Dove vanno a finire i 47 minori che ogni giorno in Italia si dissolvono nel nulla, portando il numero dei piccoli spariti a oltre 17.000 nel 2022? Le dinamiche sono varie, tutte più o meno terribili, si va dall’abuso all’omicidio passando per il traffico di minori fino alla trappola nelle reti dei pedofili. I casi riguardano minorenni non accompagnati, spesso stranieri, ma anche italiani esattamente integrati nelle loro famiglie normali e benestanti, che per qualche caso infausto restano impigliati nella ragnatela. Un’ipotesi la traccia il film di Stefano Odoardi, Dark Matter, che proprio su una sparizione è totalmente imperniato. La materia oscura del titolo è quella che Antonio (Alessandro Demcenko), un fisico affermato, spiega al suo pubblico e in televisione. Si tratta di particelle di cui ancora non sappiamo nulla, ma che compongono il 95% del nostro universo.

Ma la materia oscura è anche quella che avvolge improvvisamente Thomas (Giulio Cecchettini), il figlio di undici anni che si allontana dalla madre durante un’incursione al centro commerciale. E viene prelevato da una donna. C’è una premessa: il bambino è particolarmente legato al nonno, incarnato in Orso Maria Guerrini, e quando l’anziano viene a mancare si sente cadere il mondo addosso, vittima della distrazione e l’indifferenza degli adulti, che guardano al lavoro o in altre direzioni. Niente di particolare, comunque, finché il piccolo dal viso d’angelo lascia la mamma mentre fa la spesa e cammina fino al parcheggio: qui una ragazza (Angelique Cavallari), una strega affascinante, con estrema gentilezza gli chiede se vuole un passaggio. Il film di Odoardi, girato soprattutto in Emilia Romagna e con alcune puntate nel Lazio, principia con un segmento iniziale preparatorio scandito dalla voce fuori campo. È proprio il fisico a raccontarci cos’è la materia di cui stiamo parlando. Per la prima mezz’ora si teme una deriva fin troppo autoriale, con inquadrature estetizzanti e sequenze che sfidano la tenuta dello sguardo, comunque propedeutiche per ciò che avverrà dopo.

Nell’atto dell’abduction del bambino infatti il racconto prende il volo: qui la routine del nucleo domestico, coi suoi vuoti e i silenzi, viene radicalmente stravolta e si è costretti a chiedersi cosa e come sia potuto succedere. Nel frattempo Thomas viene trasportato in un luogo boschivo, rapito dalla ragazza con diabolica dolcezza che stride con la violenza del padre padrone, il mostro dominante. Lei convince il minore a bagnarsi nel lago senza vestiti e da dietro, tra le fratte, ecco qualcuno che scatta delle foto: è la mano nera della pedofilia. Il regista costruisce un noir dal tono grave e strategico, colmo di angoscia non esteriore ma nell’anima, un thriller castigato dal ritmo meditabondo, trattenuto perché così è la cronaca, le piste si avvitano, le tracce non portano a nulla. Un umore grigio che sfocia nel filosofico e nel metafisico: come può esistere questo Male, sembra chiedersi? Come uscire dal buco dopo che ci siamo caduti? Da parte sua, il piccolo Thomas intreccia un rapporto da Sindrome di Stoccolma con l’aguzzina, che in un graduale rovesciamento passa dall’altra parte della barricata rispetto all’orrido padre. La svolta dell’intreccio arriva da qui, dalla virata del personaggio e non dalla detection, che come avviene davvero sbatte in un vicolo cieco. Il finale è riconciliante, vuole comporre la ferita e non essere cattivo fino in fondo, ma la profonda inquietudine resta intatta.