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Dark Clown

2012
Titolo Originale:
Stitches
REGIA:
Conor McMahon
CAST:
Ross Noble (Stitches)
Tommy Knight (Tommy)
Gemma-Leah Devereux (Kate)

Il nostro giudizio

Dark Clown è un film 2012, diretto da Conor McMahon.

Con la morte c’è poco da scherzare. E allora per quale motivo, nonostante sangue e frattaglie volino allegramente e generosamente a destra e a manca per una buona oretta e mezza, si arriva ai titoli di coda di Dark Clown ghignando a crepapelle senza alcun ritegno? Colpa di quel folle di Conor McMahon, talentuoso apripista, assieme al compagno di cicchetti Ivan Kavanagh, della new indie wave orrorifica all’ombra della verdeggiante terra di San Patrizio che qui, tra una bella pinta di Guinnes e tanta tanta voglia di buttarla allegramente di fuori, riesce a confezionare con sorprendete maestria e parecchia sfacciataggine un concentrato di splatter e humor nerissimo nella forma di ennesimo clown assassino capace di unire le qualità soprannaturali di un Pennywise alla sadica e pericolosamente burlesca sete di torture dell’Art di Terrifier. Nulla di nuovo sotto il sole, sia chiaro, ma nonostante ciò basta davvero pochissimo al nostro pazzo irlandese per far felici grandi e piccini a suon di genitali evirati attaccati a svolazzanti palloncini, budella attorcigliate a mo’ di vispi animaletti, teste gonfianti esplosive e, dulcis in fundo, una nuova linea di ombrelli il cui compito principale non è tanto quello di riparare dalla pioggia quanto piuttosto cavare occhietti come se non ci fosse un domani. Il tutto ovviamente imbastito con il consueto spirito anarchico e la solleticante mano artigianale che hanno reso il buon McMahon un maestro contemporaneo dell’horror a costo quasi zero. E scusate se è poco! D’altronde non tutti si possono permettere di esordire con un pagliaccio impasticcato che si dà svogliatamente da fare con una belle pulzella mentre spara boiate esistenziali degne di un pulp tarantiniano, giusto?

Non è un caso dunque che i nostri amici della Midnight Factory, da prelibati intenditori qual son sempre stati, abbiano finalmente deciso di ospitare sul proprio benedetto canale tutte le sanguinolente beltà spurgate da questo piccolo gioiellino che è Dark Clown ad oltre un decennio dal suo concepimento. Un tempo di maturazione più che mai necessario ai sadici amanti della ridacchiante truculenza e ai loschi frequentatori dei festival di settore per spandere e rafforzare la grande fama cresciuta attorno allo sbarellato e inquietate personaggio di Richard “Stitches”Grindle (Ross Noble), sboccato, strafumato e ultra sbronzo pagliaccione ben poco professionista truculentamente dipartito durante l’adempimento del proprio dovere a seguito di un brutale scherzo tutt’altro che innocente messo in atto dal piccolo Tommy (Tommy Knight) e dai suoi pestiferi amichetti durante una festicciola di compleanno. Ma si sa, i clown son duri a morire, specialmente quelli con ancora un conto in sospeso da regolare. E così, passato qualche annetto, ecco che il nostro trucido Stitches, riportato in vita dagli adepti di un’oscura setta di saltibanchi, è ora pronto a sguinzagliare il proprio rosso nasone-segugio – si amici, avere capito bene! – per farla pagare quanto più orrendamente possibile agli ormai cresciuti ed infoiati esecutori, materiali e non, della sua fu contundente fine, dispensando morte e distruzione come solo un maestro del gore sarebbe in grado di fare. Sarà dunque compito del povero Tommy superare il fottutissimo terrore per gli allegri signori dalla facciona pittata e dalle buffe scarpone in modo di salvare sé stesso e l’amata Kate (Gemma-Leah Deveraux) dalla gioiosa furia omicida del peggiore dei suoi incubi, non prima però che ettolitri di emoglobina e parecchie fette di carne umana abbiano avuto modo di imbrattare ciascuna delle pareti della sua casetta.

Sembrano ormai lontani i gloriosi tempi di Dead Meat e The Sturbed, quando al buon McMahon bastavano quattro chiodi e un po’ di colla vinilica per tirare in piedi un Grand Guignol degno di essere visto e goduto. Ma nonostante il budget a disposizione per Dark Clown sia sulla carta decisamente più consistente – sempre nei limiti del valore del cestino pranzo del più anonimo figurante di un qualunque film Marvel –, il caro Conor dimostra di non aver perduto un grammo di quella carica ribalda e maramalda che lo ha portato all’attenzione del giovane pubblico assatanato di orrore a buon mercato sin dal folgorante The Braineater. La stessa filosofia del “lo voglio tantissimo e chissene se non posso” che qui gode di tutti gli strumenti essenziali, digitali ma anche non, in grado di rendere morte e sofferenza quanto più estrema, divertente e creativa possibile. Si perché, al di là delle lacrime e del sangue, un killer ultramondano imbranato tanto quanto un tossico alla fermata della metro che per giunta si diverte come un bambino alla fiera del videogioco, sinceramente è uno spettacolo che non si vede certo tutti i giorni. E al di là di questo festoso carosello di efferatezze e truculenze assortite che farebbero la gioia di un Sam Raimi e di un John Gulager, ecco che il vero merito di questo piccolo debordante horrorino pre It muschiettiano sta tutto nell’aver cercato di creare, forse per la prima volta, una sorta di vero culto clownesco con tanto di feticci a forma di uovo e misteriose divinità pagliaccesche che tuttavia, alla fin fine, altro non sono se non un semplice pretesto per far sbucare dalla terra la putrida mano guantata del nostro redivivo Stitches modello Night of the Leaving Dead – o Leaving Clown, come preferite – così da permettergli di dare tutto il peggio di sé in quello che, almeno stando alla più che eloquente sequenza finale, non sarà certo il suo ultimo atto.