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Da 5 Bloods – Come fratelli

2020
Titolo Originale:
Da 5 Bloods
REGIA:
Spike Lee
CAST:
Delroy Lindo (Paul)
Jonathan Majors (David)
Clarke Peters (Otis)

Il nostro giudizio

Da 5 Bloods – Come fratelli è un film del 2020, diretto da Spike Lee

Giocoforza voce ascoltatissima in questo periodo cruciale per gli Stati Uniti e le istanze delle persone di colore, Spike Lee ha ritrovato, con l’approssimarsi della battaglia, anche l’ispirazione. Il suo bellissimo BlackKklansman ha posto la domanda, ha ravvivato il fuoco e, fisiologicamente, è stato oggetto, in questi giorni, di sfrenato re-watch insieme all’immortale manifesto Fa’ la cosa giusta. Che ci fosse dunque bisogno di un fenomeno esterno, non nuovo ma comunque più mediatizzato, per riscoprire il valore di cotanto autore? Lui, da par suo, non smette di creare contenuti, come il cortometraggio 3 Brothers, mash-up degli omicidi di George Floyd, Eric Garner e del filmico Radio Raheem. Quando la storia smetterà di ripetersi? Domanda che il nostro fa, ma fino ad un certo punto, nel suo nuovo lungometraggio, distribuito da Netflix, Da 5 Bloods. E anche se il rischio era enorme dopo un predecessore del genere, la nave va comunque in porto e viene ben accolta per le cose preziose che ha da offrire. Lee ci porta dunque nel suo Vietnam, quello che abbiamo visto in televisione (come Muhammad Ali) e al cinema fino al distacco della retina, mostrandocene tutte le diagonali temporali, fisiche e morali già nella prima mezz’ora di film.

La protesta negli States ispirata da Martin Luther King durante l’occupazione, la giungla e il Vietnam contemporaneo dove conosciamo i quattro protagonisti. Otis, Eddie, Melvin e Paul, accompagnato dal figlio David, tornano nel luogo dove hanno combattuto per ritrovare i resti del loro caposquadra “Stormin’ Norm” e una cassa piena di lingotti d’oro che avevano scoperto e poi sepolto. La trama, invero, si arricchisce di elementi d’avventura e azione, con tanto di personaggio poco raccomandabile (Jean Reno) interessato al tesoro, ma trattasi solamente di un diluente diegetico che torna comodo a creare un contorno un minimo più accattivante, quasi a rammentarci che di ben altro si sta parlando. La giungla ritorna nei flashback, con tanto di cambio di rapporto d’aspetto da un 16:9 curatissimo ad un 4:3 graffiato, comunque sempre palcoscenico di un momento storico che si rivela nella sua complessità. È così che alcuni personaggi, Paul in primis, ci comunicano lo scarto, ciò che non abbiamo potuto capire di questi decenni. Della potenza di un odio e delle sue metastasi geografiche e razziali. Come al solito è il dolore la causa, quello della perdita e della sconfitta personale che Delroy Lindo ci restituisce in un magistrale monologo in movimento e sguardo in camera.

Spike Lee dunque parla sì di razzismo e di odio, stavolta non escludendo i suoi fratelli dal processo. L’essere umano tutto disprezza chi ritiene inferiore, come fa Paul con un vietnamita che gli vuole solo vendere una gallina, o come sappiamo essere successo alla giovane Michon, mezza asiatica e mezza afroamericana. Nei nostri bloods borghesi è il conflitto a regnare e a soffocare i sentimenti di amicizia, fratellanza e amore paterno; è nel ricordo di “Stormin’ Norm” (Chadwick Boseman), il King in mimetica, che si aprirà la strada per una redenzione e un’unione spontanea e d’intenti tra quei colori (bianco, nero, giallo) che altro non sono e non possono essere. Laddove BlackKklansman ci mostrava di non essere ancora usciti da un’oscurità che troppi ritenevano scomparsa, Da 5 Bloods chiede e dà un barlume di speranza per immaginare il “dream” del dottor King concretizzarsi finalmente su questa terra. Oggi, poi, sognare è dovere di tutti ed unica via.