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Cyrano

2021
REGIA:
Joe Wright
CAST:
Peter Dinklage (Cyrano de Bergerac)
Haley Bennett (Roxanne)
Ben Mendelsohn (De Guiche)

Il nostro giudizio

Cyrano è un film del 2021 diretto da Joe Wright.

Bella sfida, quella di Joe Wright: inscenare il testo di Rostand del 1897 in una reinstallazione 2021, restando nel pianeta Seicento previsto dalla pièce. Un gesto che sfida anche le versioni precedenti, sia al cinema che a teatro: e proprio da qui si riparte, dato che il film è l’adattamento del musical Cyrano di Erica Schmidt, già con Peter Dinklage nella parte principale. Wright è stato coinvolto da Haley Bennett, qui nel ruolo di Roxanne, ma il suo – attenzione – non è un musical bensì un film con delle canzoni, nel senso che le musiche dei The National intervengono a spezzare il dialogo che resta prevalente. Non è Annette di Leos Carax, insomma, con l’opera degli Sparks che rimane la colonna sonora dell’anno. La storia viene rispettata filologicamente: Cyrano (Dinklage) è il cadetto che ama segretamente Roxanne (Bennett), di cui è intimo amico, ma si ritrova a fare da cupido tra la bella e Christian de Neuvillette (Kelvin Harrison Jr.), mentre il bastardo conte De Guiche (Ben Mendelsohn) vuole sposare la donna.

Fin qui niente di nuovo: l’innovazione si ripone non nel cosa, ma nel come. Wright è esperto di adattamenti difficili (Espiazione, Anna Karenina) e tutto sommato anche l’ultimo La donna alla finestra, magnifico film malato, era un cripto-adattamento di molti testi, da Hitchcock al suo maggiore riscrittore De Palma, passando per il kitsch e la serie B. Non sorprende quindi la scelta cyranica, primo titolo attinto dal teatro, che Wright manipola sempre e solo attraverso la messinscena: innanzitutto nella scelta degli interpreti, non solo il “nano” Dinklage ma anche il nero Harrison Jr. che abita il personaggio di Neuvillette. Se oggi un naso lungo non fa più una particolare impressione, come fare a marcare la diversità dello spadaccino? Facile: incarnarlo, come sul palco, in un attore “diversamente alto” che mette in difficoltà la percezione del pubblico e la sua immedesimazione, perché – parliamoci chiaro – difficile è immaginare una copula tra la splendida lady Roxanne e un individuo affetto da nanismo. In più il (vero) amato non è bianco: con questa strategia Wright persegue solo apparentemente una linea delle minoranze, perché il punto sta da un’altra parte.

Girato interamente in Sicilia durante la pandemia, nell’isola al riparo dai contagi, il regista e il direttore della fotografia Seamus McGarvey, tornati insieme, costruiscono un vero e proprio tour de force visivo scolpito nelle luci di Noto: le immagini subito sontuose compongono sequenze memorabili come la danza dei panificatori, oppure l’esercizio degli spadaccini che ospita un dialogo decisivo tra Cyrano e Neuvillette, attraversando le stanze in mezzo alle lame come in un film barocco di Peter Greenaway. La celebre scena notturna della sostituzione, in cui la mente di Cyrano “completa” il corpo di Neuvillette, si gioca in un raffinato intreccio di chiaroscuri con la donna alla finestra, che acquista un nuovo senso grafico perché il primo è un nano (facile a nascondersi) e il secondo un nero (difficile a vedersi). Ecco cosa s’intende per riscrittura del testo mediante l’immagine. I confronti struggenti tra Cyrano e Roxanne, poi, spesso iscritti negli ambienti in campi medi, ottengono un registro lirico che ricorda il cinema di Terence Davies. Ma non si esageri neanche coi paragoni: l’impianto visivo è Wright puro. Infine, forse la migliore, arriva la lunga sequenza della battaglia girata sull’Etna che riporta ai fasti di Espiazione (ma senza piani sequenza), con l’intervento del vulcano che herzoghianamente ha eruttato durante le riprese. Wright trasforma Cyrano in una continua luminaria, in un acquerello seicentesco che alla fine del viaggio ha l’accortezza di chiudersi in un atto pudico: quella morbida dissolvenza, che manda a nero lo schermo, ci dice che non c’è più nulla da dire. C’è solo da vedere.