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Curiosa

2019
REGIA:
Lou Jeunet
CAST:
Noémi Merlant (Marie de Heredia)
Niels Schneider (Pierre)
Benjamin Lavernhe (Henri de Régnier)

Il nostro giudizio

Curiosa è un film del 2019, diretto da Lou Jeunet.

Primo lungometraggio della regista Lou Jeunet, è da leggere alla francese, “curiosà”, poiché trattasi non di aggettivo femminile italiano ma sostantivo femminile francese, che nel gergo dei collezionisti indicava – avverte la didascalia iniziale – un oggetto, un libro, una fotografia a carattere erotico, elementi fondamentali nella vicenda. Altrettanto rilevante è la didascalia conclusiva, in quanto rivela l’ispirazione storica (col beneficio dell’invenzione romanzesca) di quanto abbiamo appena visto: il film è liberamente ispirato alle fotografie e alla corrispondenza fra il poeta Pierre Louys e la sua amante Marie de Régnier, moglie di quell’altro scrittore, Henri de Régnier, con cui si forma il triangolo amoroso raccontato nel film. Ambientato nella Parigi di fine Ottocento, è incentrato sulla bellissima Marie de Heredia (Noémi Merlant): figlia di un poeta di spicco della borghesia culturale parigina, è divisa tra l’amore per i due scrittori, il dandy Pierre (Niels Schneider) e il benestante Henri de Régnier (Benjamin Lavernhe), legati fra loro da una forte amicizia. Marie sposa Henri per convenienza, Pierre fugge in Algeria e torna in Francia fidanzato con la disinibita Zohra (Camélia Jordana), una ragazza che condivide occasionalmente con i suoi amici. Ma l’amore di Marie non si è sopito, quindi i due continuano a frequentarsi in incontri clandestini dove Pierre si diverte anche a scattare fotografie erotiche alla donna, che si aggiungono alla sua collezione di immagini: si innesta così un rapporto complesso di passione, amore e gelosie da cui sarà difficile uscire.

Curiosa, a parte quattro scene di cui si parlerà, non è molto spinto in quanto a rappresentazione dei rapporti sessuali: eppure è un dramma sentimentale in costume estremamente erotico, morboso e voyeuristico, nell’accezione brassiana dell’uomo che guarda.  Una condizione esplicata fin dalla prima sequenza (il falso specchio attraverso cui Pierre osserva di nascosto Marie e le sue sorelle) e poi più compiutamente nel corso del film attraverso le fotografie erotiche per le quali Pierre e l’amante hanno una passione quasi compulsiva. Curiosa abbonda di nudi, sia femminili (soprattutto), con numerose inquadrature che indugiano sul seno, il culo e i peli pubici, ma anche maschili, con dettagli sui corpi e sul pene. L’espressione “nudo artistico”, tanto abusata da risultare spesso insignificante, è qui invece più che mai azzeccata, e in un duplice senso: a livello diegetico, la fotografia di Pierre è intesa, al pari della scrittura e della poesia, come forma artistica a cui l’uomo si dedica con scrupolo maniacale; a livello extra-diegetico, la regia di Jeunet presta una particolare cura estetica nella rappresentazione dei corpi, con inquadrature non banali e una luce talvolta lattiginosa e anticata che sembra richiamare i classici di Walerian Borowczyk e di altri maestri del cinema erotico.

Certo, la Jeunet avrebbe potuto e dovuto spingere di più sulla messa in scena del sesso, eppure l’erotismo voyeuristico non abbandona mai il film. Tante volte l’amplesso è solamente suggerito, anche se almeno quattro scene mostrano l’abilità della regista nel girare scene più esplicite, e fanno quindi crescere il rammarico per quanto Curiosa avrebbe potuto essere più spinto: Zohra che pratica una fellatio a un amico di Pierre nascosto dietro una tenda, Marie che si masturba aiutata da Zohra (con tanto di bacio saffico), Marie presa con la forza da Henri sul pavimento, Marie e Pierre che scopano mentre il marito ascolta attraverso la parete. La fotografia erotica è dunque voyeurismo, necessità di guardare (un elemento meta-cinematografico, potremmo dire), ma anche feticismo, con gli oggetti (le foto e le lettere) che diventano una vera e propria essenza erotica da affiancare ai rapporti sessuali (gli scatti fotografici, con le varie macchine, si alternano agli amplessi). C’è poi tutta un’analisi per niente scontata dei rapporti fra amore e sesso (“Per me, ciò che chiamano amore è la soddisfazione dei sensi”, afferma Pierre), dei complessi intrecci psicologici che vanno delineandosi fra i quattro personaggi e della rappresentazione sociale dei protagonisti, fra borghesi e poeti dandy. Altre note di merito vanno al cast (in particolare Noémi Merlant, nota per Ritratto della giovane in fiamme) e alla ricostruzione (quasi tutta in interni) della Parigi di fine Ottocento; un po’ stonata invece la colonna sonora, ricca di sonorità moderne e martellanti che starebbero meglio in un film psichedelico di Gaspar Noé.