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Creed

2015
Titolo Originale:
Creed
REGIA:
Ryan Coogler
CAST:
Michael B. Jordan (Adonis Johnson)
Sylvester Stallone (Rocky Balboa)
Tessa Thompson (Bianca)

Il nostro giudizio

Creed – Nato per combattere è un film del 2015, diretto da Ryan Coogler.

Qualche nuovo grattacielo sullo skyline, ma alla fine si torna sempre lì, sulla scalinata che porta alla piazza neoclassica di Philadelphia, dove, quando ci si arriva, ci si gira indietro verso la città. Ormai è un rituale. Tutte le avventure sono iniziate lì, compresa quella della steadycam. A salire gli scalini, ora, con molta fatica, è un quanto mai imbolsito Rocky Balboa (Sylvetsre Stallone) con il suo discepolo, Adonis (Michael B. Jordan), figlio di quell’Apollo Creed, suo avversario primigenio, poi suo alleato, finito “spiezzato in due” da Ivan Drago. Decadente al punto giusto, Creed è lo spin-off della saga di Rocky, iniziata nel 1976 e giunta ora al sesto film.

Un copione facile facile, il riscatto e la rivalsa sociale dell’orfano di colore, un film lacrimevole dozzinale – ma i produttori di fazzoletti non esauriranno certo i loro magazzini come succedeva all’urlo “Adriana!” – senza la minima parvenza dell’epos che fu. Questo finché Creed – Nato per combattere non strizza l’occhio, di tigre ovviamente, ai nostalgici con un accenno delle note di Gonna Fly Now – una scintilla di vita nel contesto di musica rap, scialba e piatta, della colonna sonora – per assumere la dimensione di crepuscolo degli eroi, la senescenza e la necrofilia di un mito. Il vero protagonista è sempre lui, il glorioso campione ormai costretto alle flebo di chemio, una statua in suo onore, l’insegna “Adrian’s” in dedica alla moglie.

Non gli resta che trasmettere la sua forza, o i suoi occhi di tigre, al suo virgulto, che lo impersona anche emulando le scene celebri dei suoi film, le lunghe corse d’allenamento sulle strade di Philadelphia, la libertà, l’energia vitale, fino ad arrivare alla metaforica scalinata, e il combattimento sul ring, con gli inevitabili rallenty e le gocce di sangue sospese nell’aria. Una forza sempre patriottica che lo porterà a difendere la bandiera a stelle e strisce in un match a Liverpool, con un pubblico tutto per l’avversario, in una competizione tra Usa e vecchia Europa. E il nostro è soprannominato anche “Hollywood”, gravandolo così di un ruolo ancora maggiore, quello di tenere alto l’onore di un intero cinema.