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Copenhagen Cowboy

2022
REGIA:
Nicolas Winding Refn
CAST:
Angela Bundalovic (Miu)
Li Ii Zhang (Hulda)
Andreas Lykke Jørgensen (Nicklas)

Il nostro giudizio

Copenhagen Cowboy è una serie tv del 2022, creta da  Nicolas Winding Refn.

Con Copenhagen Cowboy, Nicolas Winding Refn presenta un’altra serie decisamente spiazzante sulla piattaforma Netflix. Lo spettacolo è stato presentato in prima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia. Una giovane donna vestita di blu appare dal nulla, un enigma umano ambulante e silenzioso. Sembra avere poteri magici e per questo tutti la vogliono, soprattutto per usarla allo scopo di ottenere dei favori. Non è chiaro se la ragazza sia una strega o un essere extraterrestre, potrebbe anche essere solo una donna sfruttata che ora sta cercando di fare girare la ruota a suo vantaggio. Sicuramente è in cerca di vendetta.
Miu, questo il suo nome, interpretata da Angela Bundalovic, finisce in un bordello dove le donne vengono scambiate come merci. Vivono in una cantina per servire uomini pieni di atteggiamenti tipici e banali del maschilismo più scontato. E così il regista Nicolas Winding Refn si avventura ancora una volta al mondo sotterraneo di gangster, prostitute, spacciatori e macchinazioni mafiose con la sua nuova serie arricchita da una buona dose di fantasia.
Winding Refn è un regista europeo che è riuscito a guadagnarsi un seguito di culto: Copenhagen Cowboy fa a meno dell’esagerata lentezza del precedente Too Old to Die Young, qui tutto è raccontato e modificato più velocemente.

Eppure il nuovo lavoro del regista possiede anche il suo stile narrativo unico, sognante e gioioso, che cerca di ipnotizzare il suo pubblico fino a quando stati d’animo e atmosfere vissute formano la propria narrativa. La prima metà di questa serie di cinque ore è semplicemente esilarante, un allucinogeno audiovisivo che martella nella coscienza del regista con un volume assordante e massicce immagini al neon. Copenhagen Cowboy trasforma gli stereotipi di genere in uno spettacolo. Le donne sono drappeggiate nello spazio come oggetti, gli uomini mostrano i muscoli e fanno a pezzi le masse carnose l’uno dell’altro. Nel mezzo del racconto si presenta una famiglia di vampiri il cui papà si vanta di un pene mostruoso, e che considera l’organo sessuale maschile l’unica vera prova del potere divino. L’ipermascolinità è distorta fino all’assurdo. È un’estetica di superfici e facciate artificiali quella che Refn mette in scena in modo visivamente sbalorditivo, dove il colore e il chiaroscuro giocano un ruolo importante, da vero noir, ma anche rimandando talvolta a certi effetti degni di Ingrid Bergman, Svezia e Danimarca non sono poi così lontane. I suoi personaggi vagano in un delirio tardo-moderno di venalità e violenza che sembra non conoscere tregua: anestetizza, offusca i sensi. Le immagini fanno lo stesso. Nei momenti più forti la serie sviluppa un’attrazione simile alla trance che sa agire in modo impressionante su corpo, luce e suono. Una scena di combattimento di arti marziali diventa una sinfonia: a ogni battito, nuove note e rumori rimbombano nell’assordante tappeto sonoro.
Copenhagen Cowboy si sviluppa in diversi stadi e stati di coscienza. Anche i suoi pochi fili di trama definibili si svelano nel corso dei sei episodi per annunciare ciò che verrà. È difficile dire come questo monolitico mostro visivo e sonoro si inserisca nel mondo dello streaming, dissolvendo costantemente le abitudini dello spettatore, il suo desiderio di seguire psicologie e narrazioni forse mai esposte. Il formato di Winding Refn avvicina moltolo spettatore alla sensazione di uno sguardo spalancato e privo di significato per ore, guardando la tv come una droga ed espandendo la coscienza. In termini di contenuto, funziona esclusivamente con oscure parole chiave, sfarfallii fine a se stessi. Travolgimento totale e banalità vanno spesso a braccetto, ma forse è proprio qui che si annida la grande sovversione a cui tende la serie: nel vegetare ostentatamente stilizzato davanti alla tv, nella celebrazione dell’insensato, che traduce il proprio vuoto in abissale bellezza. La serie di Winding Refn diventa sempre più una tana di coniglio, un paese delle meraviglie in cui ci si può tuffare e dove quasi non si sa cosa sta succedendo. Ci si sente sfrenatamente saturi e disturbati da tutti i riferimenti, eppure ci riporta indietro, incantati, alla vita di tutti i giorni.