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Channel Zero: Butcher’s Block

2018
Titolo Originale:
Channel Zero: Butcher's Block
REGIA:
Arkasha Stevenson
CAST:
Rutger Hauer (Joseph Peach)
Olivia Luccardi (Alice Woods)
Holland Roden (Zoe Woods)

Il nostro giudizio

Channel Zero: Butcher’s Block è una serie televisiva del 2018, creata da Nick Antosca

Il tre è il numero perfetto, anche se di perfezione a noi miseri mortali non è consentito parlare. Rimane il fatto però che l’esperienza Channel Zero continua a stupire. E stavolta, si può dirlo, riesce addirittura a superare se stessa. Dopo due ottime stagioni, la serie antologica horror di SyFy ha raggiunto l’apice con la terza. Basata sul creepypasta Search and Rescue Woods di Kerry Hammond, Butcher’s Block (diretta dalla giovane regista statunitense Arkasha Stevenson) si rivela opera visivamente sconcertante, profondamente evocativa e terribilmente affascinante. Un racconto che progressivamente, tra allucinazioni e archetipi, assume sempre di più le fattezze del dramma: il dramma della carne. Alice (Olivia Luccardi) si è appena trasferita in una nuova città per lavorare come assistente sociale e prendersi cura della sorella Zoe (Holland Roden), affetta da schizofrenia e tossicodipendente. Il posto è però da anni teatro di diverse sparizioni, causate, secondo le leggende locali, dalla famiglia Peach, potente dinastia proprietaria dell’omonimo macello i cui membri sono tutti svaniti nel nulla negli anni Cinquanta.

Come nelle precedenti due stagioni (Candle Cove e No-End House), anche Butcher’s Block è visivamente concepito nella dimensione dell’incubo: le immagini hanno ancora quell’innaturalezza glaciale e dissonante propria del mondo onirico. Ogni cosa diventa il suo contrario e ciò che non dovrebbe esserci c’è, come una lunga scalinata bianca in mezzo ai boschi, mezzo di salita, o sarebbe meglio dire discesa, all’Inferno. Ma guai ad affermare che non ci sia logica in tutto ciò. La terza stagione di Channel Zero è, come detto prima, un coerente e sensato dramma della carne. Carne che vive, carne che viene mangiata. Tutti i personaggi principali si svelano presto quali eredi del mitologico Tantalo e della sua condanna a essere sempre affamato. O, come nel caso del patriarca Peach (un Rutger Hauer di certo a suo agio nell’interpretare l’aspirazione all’immortalità), moderni Faust. Dunque, non è solo di cannibalismo che si parla, nonostante l’omaggio a Ruggero Deodato, a inizio della prima puntata (Insidious Onset), con la leggendaria opening theme di Cannibal Holocaust, che verrà ripresa anche più avanti. Non solo della propria carne vive l’uomo. Infatti ciò che spinge prima Zoe e poi Alice nel paese delle orribili meraviglie è un’altra condanna, che pesa su entrambe: quella del buio della mente. Sia protagonisti che antagonisti accettano di stringere un patto con un’entità superiore e sconosciuta pur di annullare ciò che il destino ha in serbo per loro: follia e morte. E ovviamente tutto ciò avrà un macabro prezzo, ossia nutrirsi di altre vite.

È proprio questa fame di carne e di concretezza ad animare anche il reparto visivo di Butcher’s Block, specialmente a partire dal bellissimo quarto episodio (Alice in Slaughterland), quando la porta tra i mondi viene varcata. Tutto si fa materia e prende vita, come la terribile rappresentazione della malattia mentale da cui Alice tenta di scappare. Nella residenza estiva dei Peach gli stessi frutti della terra hanno nella carne umana le proprie radici, quasi a voler sottolineare, ideologicamente e ancora una volta, quanto la ricchezza dei potenti sia edificata sulla sofferenza della gente comune. Passando attraverso efferati omicidi, riti sacrificali e scene di autofagia, si arriva dunque al finale di stagione (Sacrifice Zone), dove il tanto atteso deus (o diabolus) ex machina ristabilirà il primato del metafisico sul fisico in un’esasperata e surreale esplosione di membra. Dove prima c’era la carne adesso c’è il nulla, dove prima c’era il nulla adesso c’è Channel Zero.

A chi se lo fosse perso, prendete e mangiatene tutti.