Featured Image

Cartel 2045

2017
Titolo Originale:
Juarez 2045
REGIA:
Chris Le
CAST:
Brad Schmidt (Carson Wright)
Danny Trejo (Malvado)
Chris Persky (Estevan Flores)

Il nostro giudizio

Cartel 2045 è un film del 2017, diretto da Chris Le.

Forse, dopotutto, il buon vecchio presidente Trump non avrebbe poi tutti i torti a voler erigere il tanto chiacchierato muro al confine con il Messico. Tralasciando, infatti, le inutili e stucchevoli polemiche di natura politico-razzista, la vera domanda da porsi è: che cosa potrebbe succedere se, in un prossimo futuro, pericolose tecnologie robotiche all’avanguardia venissero rese disponibili a uno spietato cartello della droga per favorire i propri loschi affari? Solo pensarlo è già un delirio, metterlo in scena, poi, è qualcosa di davvero allucinante. Ed è quello che, per l’appunto, si è apprestato a fare, per il nostro (dis)piacere, il montatore e visual effects artist Chris Le con Cartel 2045 (un titolo che, di per sé, è già tutto un programma!), becero e delirante action di serie Z con un imbarazzante reflusso sci-fi e una fastidiosa patinatura ultra pulp che difficilmente riesce a mascherare gli innumerevoli difetti di un progetto nato strambo e cresciuto ancor peggio.

Tempi duri, in quel di Città del Messico, per l’ex marine Carson Wright (Brad Schmidt), ingaggiato, suo malgrado, all’interno di una speciale task force militare con il compito di combattere e sgominare il perfido Malvado (Danny Trejo), leader indiscusso del traffico di stupefacenti e rivenditore, ai propri colleghi narcotrafficanti, di una micidiale batteria di droidi da combattimento, elaborati dal professor Estevan Flores (Chris Persky), la cui giovane figlia Mila (Amy Savannah) è tenuta prigioniera dalla spietata banda criminale. Se l’aggettivo “tamarro” fungesse da indicatore di una qualche forma di qualità artistica (come nel caso del corrispettivo “trash”), allora Cartel 2045 potrebbe orgogliosamente fregiarsene, non fosse che per il solo gusto dell’eccesso e della stramberia che pervadono ogni singola inquadratura dei suoi (debordanti) centocinque minuti di durata.

Scherzi a parte, l’esordio registico di Chris Le non può obiettivamente ergersi al di sopra di una tristissima mediocrità estetica e narrativa, resa tale da una confezione effettisticamente al di sotto del comune senso del pudore – con in evidenza l’impiego di un’incomprensibile atmosfera grindhouse che fa uso di scratches da vecchia pellicola, del tutto incompatibili col sostrato sci-fi – e un meccanismo narrativo che definire derivativo è un vero eufemismo, quasi come se il techno metal del Transformers diretto dal cugino povero di Michael Bay facesse (letteralmente) a botte con un Tarantino in fase depressiva, il tutto con una spolverata ammuffita di Real Steel e i robottoni di Pacific Rim a fare da magro contorno. Complice, forse, l’ormai monolitica e stereotipata iconicità di Danny Trejo – divenuto un Machete ambulante dovunque vada –, Cartel 2045 non ha, di fatto, praticamente nulla che possa salvarlo da un disastroso esito critico, dimostrando come il manierismo pulp non giovi certamente al nuovo corso del cinema di genere low budget contemporaneo. Unica alternativa è quella di affidarsi all’intercessione di Santa Muerte, affinché, per il futuro, progetti del genere vengano abortiti già nella mente dei propri autori.