Featured Image

Carnival of Souls

1962
REGIA:
Herk Harvey
CAST:
Candace Hilligoss (Mary Henry)
Frances Feist (Mrs. Thomas
padrona di casa)

Il nostro giudizio

Carnival of Souls è un film del 1962 diretto da Herk Harvey.

Mary Henry (Candace Hilligoss) sopravvive miracolosamente a un incidente stradale, causato da un branco di bifolchi, dove sembra perdere la vita assieme ad altre due ragazze, morte sul colpo. Dopo essere emersa dalle acque, salvata da alcuni abitanti del luogo, Mary decide di lasciare la città e proporsi come organista in una chiesa. Tutto sembra scorrere liscio, finché la ragazza non inizia ad avere strani incubi a occhi aperti, inseguita da una misteriosa figura spettrale che la attrae verso un padiglione di una fiera abbandonato. Piccola gemma dell’horror americano, oggetto di una riscoperta tardiva avvenuta negli anni ottanta e portato alla luce in tempi recentissimi dal canale Mubi, Carnival Of Souls (1962) è l’unico lungometraggio di Herk Harvey. Girato a Lawrence e Salt Lake City con un budget di appena 33.000 dollari in sole tre settimane, quello di Harvey è un horror misterioso, che trascina lo spettatore in un vortice di allucinazioni e follia.

Pellicola seminale per alcuni aspetti, che almeno nella sua visionarietà e nel bianconero tagliente sembra una prefigurazione filmica degli zombi romeriani, attinge direttamente dal surrealismo cinematografico per confezionare un’opera leggibile su più fronti, che nel twist finale anticipa tanto cinema americano: da David Lynch a M.Night Shyamalan. Il suggestivo parco nello Utah utilizzato da Harvey è il riflesso di un mondo spettrale che appartiene a un passato indecifrabile – il probabile passato di Mary – che si ripete come un walzer triste, dalle atmosfere allucinate care a Suspense (1961, Jack Clayton), dove la protagonista si trova “costretta” a vivere vite che non le appartengono, doppelgänger inafferrabili che sembrano usciti dalla Loggia Nera di Twin Peaks. La stessa Mary fugge dalla “vita precedente” con un turbamento interiore che deve molto alla Marion Crane di Psycho (1960): entrambe le donne vengono attratte/risucchiate da un luogo oscuro e perturbante: il padiglione per Mary, il Bates Motel per Marion. La discesa nell’incubo di Mary, scandita in modo spettrale dal suono dell’organo di Gene Moore, sospesa tra il mondo dei vivi e quello onirico dei non-vivi, è la discesa di tutti nell’incubo della solitudine e del rimorso.

Se qua e là nel web molti vedono nei morti un’anticipazione degli zombi de La notte dei morti viventi (1968), gli spiriti di Harvey restano delle entità misteriose e ambigue: un wiedergänger, un ponte tra noi e l’Aldilà, nel senso fulciano del termine. Se è vero che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, possiamo allora tranquillamente lasciare che questa sostanza si trasformi in un incubo a occhi aperti. Lo stesso Uomo nero interpretato da Harvey – non accreditato nel film – che appare da un Outer Space per terrorizzare Mary – faccia bianca e occhi cerchiati – risulta inquietante e ripugnante quanto l’Uomo Misterioso di Mulholland Drive e il ritornante Luigi Costa di Zeder (Pupi Avati, 1980), che molto devono al carnevale di anime di Harvey. Con Carnival of Souls, Herk Harvey mixa sapientemente la serialità pop di Ai confini della realtà con il cinema “alto” del Novecento surrealista, tra spazi aperti desolati e silenzi assordanti, risultando ancora oggi – e certamente più di ieri – di una modernità incredibile. Un cinema espressivo che affascina e non lascia indifferenti.