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Caníbal

2013
Titolo Originale:
Canìbal
REGIA:
Manuel Martín Cuenca
CAST:
Antonio de la Torre (Carlos)
María Alfonsa Rosso (Aurora)
Olimpia Melinte (Nina e Alexandra)

Il nostro giudizio

Caníbal è un film del 2013, diretto da Manuel Martín Cuenca.

La storia di Carlos, un sarto di Granada che è anche un meticoloso serial killer. Dilania le sue vittime e poi se ne ciba, in un rito solitario. Quando nella sua vita arriva Nina, giunta in città per far luce sulla misteriosa scomparsa della sorella, le cose prendono una piega diversa: Carlos sembra non ritrovare più la sua pulsione assassina…

Una macchina sfreccia nella notte nella campagna deserta dell’Almeria. All’improvviso un incidente. L’uomo al volante muore, la ragazza al suo fianco no. Un’altra macchina si ferma. Un soccorritore. L’uomo prende la ragazza e la porta in un capanno isolato sulle montagne.

Qui la spoglia e la stende, nuda, su un freddo tavolo di legno e poi, col coltello, comincia a scavarle le carni. Così inizia Caníbal, l’ultima fatica di Manuel Martín Cuenca, regista spagnolo, “impegnato”, coccolato da San Sebastian e Malaga. Caníbal non è un horror e neanche un film exploitation (almeno non lo è in senso stretto, anche se sangue e nudi non mancano), ma è la storia di un sarto di Granada, Carlos (Antonio de la Torre), preciso, puntiglioso e serial killer.

La meticolosità con cui confeziona gli abiti è la stessa con cui dilania le sue vittime per poi cibarsene. In entrambi i casi è un atto “d’amore onanistico”. Un rito solitario che serve ad appagare (forse) una vita di privazioni. Poi arriva lei, Nina (Olimpia Melinte), sorella di una delle prede, giunta in città per far luce sulla misteriosa scomparsa. Finiscono a letto e Nina finisce, pure, nuda sul tavolo, ma Carlos non ha più la forza di uccidere, perché ormai il “vero amore” ha riempito il vuoto. È sempre la solita cosa.

Poteva funzionare ma non funziona veramente. Sarebbe stato qualcosa in mano al primo Jess Fanco, ma Cuenca è troppo intellettuale per cogliere l’essenza di un intreccio bisognoso di ben altre sfumature di morbosità.