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Calibro 70

2007
Titolo Originale:
Calibro 70
REGIA:
Alessandro Rota
CAST:
Ivan Fabio Perna
Silvio Arduino
Alberto Pozzo

Il nostro giudizio

Calibro 70 è un film del 2007, diretto da Alessandro Rota

Calibro 70 è puro “Torino-a-mano-armata-movie”, polposa operazione postmoderna di reworking che si tuffa nel flashback di un filone morto e sepolto del nostro cinema popolare e lo omaggia con tutti i crismi, resuscitandolo e condensandone squisitamente la miglior essenza figurativa, cromatica, drammaturgica. Qualcosa in più e comunque di diverso dal solito calco meccanico e pedissequo cui tanti prodotti della fan-culture ci hanno ormai abituato. Qui c’è stile, divertimento, ironia e senso estetico; e soprattutto, un grande controllo della macchina cinema in ogni sua componente: dalla direzione degli attori al montaggio; dalla scrittura dei dialoghi alla color correction; dalla scelta delle location alla cura del più minimo dettaglio scenografico. A volte, forse, si può imputare al regista Alessandro Rota solo un po’ troppo compiacimento nel celebrare l’immaginario anni Settanta legato al filone, con inquadrature costruite ad arte per enfatizzare il brand poliziottaro, a cominciare dal lettering del titolo che compare all’inizio, un po’ troppo sottolineato dai colpi della colonna sonora. Ma sono sbruffonate che persino un Tarantino si concede, e che si perdonano immediatamente di fronte alla solidità di una regia che ci dimostra come Rota abbia digerito quintali di cinema e trovato infine una “sua” direzione: una sfilata di eleganti carrelli sempre alla giusta velocità; lo zoom con cui si apre l’establishing shot sulla sequenza al Banco Gregoriano; la composizione dell’inquadratura spesso in profondità di campo, con una grande scansione di piani che esalta gli ambienti e fa “vivere” i personaggi anche secondari.

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E più in generale, la ricostruzione di un’epoca e di un genere attraverso alcuni dei suoi spazi chiave sapientemente rielaborati: il capannone in campagna che fa da tana alla banda dello “svizzero” o il cimitero delle auto dove si svolge la resa dei conti col Nazzareno (resi plastici da una fotografia a dir poco miracolosa). Il gioco al riconoscimento delle citazioni in Calibro 70, come al solito, risulterebbe inutile: più interessante è sottolineare come l’autore abbia giocato con l’universo intertestuale e socio-mediale legato al filone, ricostruendone il milieu attaverso alcune immagini fortemente iconizzanti che valgono altrettanti “urli visivi” di sapore quasi mitografico (la sequenza dell’ingresso dei criminali in banca: vero e proprio manifesto da poliziesco all’italiana). Splendida anche la ricostruzione del personaggio dello “svizzero”, criminale cinico e iperviolento, dall’accento romano e dalla battuta sempre incline alla parolaccia, con un look fenomenale (capelli lunghi tirati di lato, Ray Ban scuri a goccia e cerotto sulla fronte): una sorta di reinvenzione personale dei personaggi interpretati da Milian nei vari Roma a mano armata o Il cinico l’infame e il violento.

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Straordinario l’attore che gli dà vita, Ivan Fabio Perna: il suo è un vero e proprio studio interpretativo sulla maschera del cattivo sfacciato e pazzoide che imperversava nel poliziesco dell’epoca, con risultai incredibili e un peso notevolissimo sull’intera operazione (Perna è anche co-autore della sceneggiatura e si nota come certe battute se le indossi alla perfezione). Lode, infine, al grande sforzo di recupero di materiale d’antan: quasi commovente la presenza delle Alfa Giulia e delle altre auto d’epoca (le Fiat, le Mini Morris, i Maggioloni), così come strapuntuale risulta la ricerca dei costumi, dei look, delle facce e di ogni minimo particolare scenografico. Come se non bastasse, uno sviluppo inaspettato e un finale ancor più beffardo fanno di questo Calibro70 un formidabile oggetto teorico e autoriflessivo: quasi una riflessione sul cinema underground torinese, con le presenze di due cittadini doc come Renzo Ozzano e Carlo Ausino, il primo militante nel Roma a mano armata di Lenzi (e caratterista di punta della commedia sexy), il secondo – inutile sottolinearlo – anima registica poliziottesca della città, responsabile dei vari Torino violenta e Tony, l’altra faccia della Torino violenta. Cercatelo, trovatelo, vedetelo