Featured Image

Buio

2019
REGIA:
Emanuela Rossi
CAST:
Valerio Binasco (Il padre)
Denise Tantucci (Stella)
Gaia Bocci (Luce)

Il nostro giudizio

Buio è un film, del 2019 diretto da Emanuela Rossi.

Buio di Emanuela Rossi, presentato nella sezione Alice nella città durante la Festa del Cinema di Roma, è il primo film italiano ad essere distribuito direttamente in streaming a pagamento, in video on demand sulla piattaforma virtuale di MyMovies: candidato al Nastro d’argento come miglior soggetto, ha riscosso critiche positive un po’ ovunque. Un entusiasmo, secondo chi scrive, del tutto smodato e ingiustificato: alla regista – qui al suo esordio in un lungometraggio, dopo aver diretto un episodio della serie-tv Non uccidere – va riconosciuto il merito di aver creato un oggetto alieno, inclassificabile e sperimentale, ma le intenzioni non bastano, e le buone premesse che riscontriamo non sono andate a buon fine. La storia, scritta dalla Rossi insieme a Claudio Corbucci, è una sorta di dramma/thriller a sfondo apocalittico, suddivisa in vari capitoli accompagnati dai bei disegni naïf di Nicoletta Ceccoli: in una sorta di futuro (o presente?) distopico, uno sconvolgimento climatico ha reso impossibile la vita nel mondo esterno, per cui un uomo (Valerio Binasco) vive asserragliato in casa con le figlie, Stella (Denise Tantucci), Luce e Aria. Solo lui può uscire di casa, bardato con protezioni e maschera antigas, per procurarsi il cibo, in quello che lui stesso descrive come un mondo selvaggio, mentre le ragazzine vivono da recluse.

Quando un giorno il padre non torna a casa, Stella, la figlia più grande, decide di uscire: scopre che l’esterno non è proprio come l’aveva descritto il genitore, e al suo ritorno riesce a ribellarsi insieme alle sorelle. Ora, fra i vari limiti di Buio (e ce ne sono parecchi), quello fondamentale è un problema alla base, riguardo la sua natura: il film vuole essere un thriller apocalittico o un dramma familiare? Dal primo all’ultimo minuto questo dubbio persiste come una spada di Damocle, senza mai essere sciolto completamente: e, se in certi film l’ambiguità giova all’atmosfera, qua va nell’esatto contrario, perché non si sa dove la regista voglia andare a parare. Ha voluto creare uno sci-fi distopico, come fanno pensare le bardature dell’uomo e della casa? In tal caso, la Rossi vuole celebrare – come si suol dire – le nozze coi fichi secchi, poiché le location esterne non hanno niente di apocalittico, sono dei comunissimi paesaggi urbani, e lo stesso dicasi dei personaggi che incontra. Oppure il cataclisma è solo un’invenzione del padre per tenere rinchiuse le figlie, come sembrerebbe essere in più momenti? Ma anche così il meccanismo non funziona, poiché la narrazione scorre in modo lento, noioso, persino esasperante – vista anche la durata notevole, 98 minuti. E, ammesso pure che la storia voglia essere una metafora, come suggeriscono le numerose simbologie, lo fa in modo pretenzioso e malriuscito.

Per capire a pelle i limiti di Buio, andrebbe visto insieme a un altro film coevo, quell’eccezionale horror che è The Nest – Il nido, di Roberto De Feo: c’è un ragazzino che vive recluso in un’immensa villa con la madre, la quale gli impedisce ogni contatto con il mondo esterno, ma qui tutto è coerente e funzionale, la storia procede con una suspense incalzante e un twist finale spiega ogni cosa accaduta. Niente di tutto questo c’è in Buio. Eppure, come si diceva, le premesse farebbero pensare a un film bello tosto: una famiglia disfunzionale che vive chiusa in casa, il rapporto morboso (ai limiti della pedofilia e dell’incesto) che lega il padre alle tre ragazzine, il mistero sulla morte della madre, i racconti sul mondo esterno. E qualcosa di buono nel film c’è anche: l’atmosfera claustrofobica e mortifera, la sospensione nel mistero, a tratti l’estetica, le tre figlie alle prese con la crescita (le mestruazioni, la rivolta al padre), in una vicenda che è quasi un romanzo di formazione sui generis. E si diceva dell’estetica: anche se abbastanza altalenante, conosce dei buoni momenti grazie all’accostamento sperimentale tra una scenografia postmoderna (luci al neon, elementi cyberpunk) e un coté da fiaba gotica e dark (le ragazzine illuminate dalla candela), oltre a un utilizzo creativo delle musiche diegetiche. Ma il punto è proprio questo: Buio vuole essere troppe cose insieme, e finisce per rimanere in una sorta di limbo. Da segnalare, purtroppo, che non giovano molto neanche le interpretazioni, abbastanza statiche e poco convinte.