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Brooklyn 45

2022
REGIA:
Ted Geoghegan
CAST:
Anne Ramsay (Marla Sheridan)
Ron E. Rains (Bob Sheridan)
Jeremy Holm (Mjr. Archibald Stanton)

Il nostro giudizio

Brooklyn 45 è un film del 2022, diretto da Ted Geoghegan.

Dice il saggio che dietro ogni grande uomo – e donna, ça va sans dire – si cela nientemeno che un intero universo. Ma dando una rapida occhiata alle spalle di un tipetto alquanto curioso come Ted Geoghegan, beh, di universi se ne possono scovare decisamente parecchi. Una carriera folle, eterogenea e contraddittoria tanto quanto il più marveliano dei Multiversi, iniziata come ghost writer alla sanguinolenta corte dei miracoli a costo sotto zero del turbolento Andreas Schnaas e in seguito impantanatasi nel sordido sottobosco indie horror d’inizio Millennio, grazie a sceneggiature di dubbio rispetto del calibro di Sweatshop, Barricade e Don’t Wake the Dead. Uno che non ha mai avuto paura di sporcarsi mani e piedi, insomma, capace tuttavia d’impugnare fieramente tanto la penna quanto la macchina da presa per dar vita ad anarchici progetti a budget ridottissimo quali il goticheggiante We Are Still Here e il selvaggio Mohawk, dimostrando di saper ben fare di necessità virtù contro tutto e tutti. Ed è proprio in quest’ottica che un titolo apparentemente innocuo come Brooklyn 45 si rivela per quello che è, ovvero una stramaledettissma genialata. Si gente, una genialata fatta e finita, capace di esordire come il più canonico dei thriller (para)psicologici con tanto di spiritica evocazione d’ordinanda, trasformandosi in un batter d’occhio in un tesissimo kammerspiel in puro stile interrogation room e chiudendo infine le grottesche danze in un corposo e decisamente inaspettato bagno di sangue. Il tutto in poco più di un’oretta e mezza e con il budget di una puntata di Piccoli Brividi, non so se mi spiego…

Di certo ben si spiega un titolo come Brooklyn 45, il quale ci dà subito contezza del dove e del quando la suddetta storiella ha modo di svolgersi. Ci troviamo, infatti, nell’iconico quartiere newyorkese tanto caro ai piccoli e grandi capolavori della celluloide, nel quale l’ancora freschissimo ricordo di una Seconda Guerra Mondiale da poco conclusasi ha riunito per le festività natalizie un gruppo di amici composto dall’ex analista militare Maria Sheridan (Anne Ramsay), il di lei timido maritino Bob (Ron E. Piogge), l’esaltato Maggiore DiFranco (Ezra Buzzington) e il sanguinario ex Maggiore Stanton (Jeremy Holm) presso la dimora del colonnello in pensione Clive Hockstatter (il mitico Larry Feddenden). Con la scusa di una bella rimpatriata fra ex commilitoni a suon di sherry e tacchino arrosto, quest’ultimo ha infatti in programma qualcosina di decisamente poco ortodosso: una seduta spiritica con la quale tentare di mettersi in contatto con l’amata – e da poco trapassata – mogliettina Susan (Lucy Carapetyan), fresca fresca di suicidio dopo essere stata colpita da una vera e propria shitstorm ante litteram a seguito dell’accusa di spionaggio rivolta ad una povera famigliola di origine tedesca risiedente nel vicinato. Ma quello che si preannuncia come un insolito passatempo da innevata serata novembrina prenderà tuttavia un’altra e ben più temibile piega nel momento in cui le prime ectoplasmatiche presenze inizieranno, letteralmente, a bussare alla porta, seguite a ruota da una generosa porzione di materia grigia spappolata sulla bella carta da parati – frutto di una novella e inaspettata autoeliminazione – e dall’altrettanto inatteso ritrovamento di una non meglio identificata signorina (Kristina Klebe) legata e imbavagliata in un ripostiglio, in qualche modo forse legata a tutto questo scioccante Invito a cena con delitto (e fantasmi).

 Tutto il resto, come cantava il buon Franco Califano, è spoiler…  Rinchiusi loro malgrado a chiave fra le fra le quattro ansiogene mura di un’accogliente e teatrali stanzetta che tanto puzza di whodunit in stile Agatha Christie, i misteriosi personaggi che danno corpo agli incalzanti (e decisamente disorientanti) novanta minuti di questo Brooklyn 45 si ritroveranno dunque costretti a portare alla luce le scomode e scottanti verità celate in profondità nel loro torbido passato, grazie a una piccola e ammaliante sceneggiatura ad orologeria, una regia alquanto ispirata pur nella sua sapiente discrezione e dialoghi al vetriolo capaci di tenere incollati allo schermo ben più di qualche doloroso spillone fra le unghie o setti nasali sfondati in onore del più viscerale gore falciano. Ma se già al palesarsi di quella primissima fantasmatica manina – che pare volutamente sbucata da qualche speciale di Halloween targato Disney Channel – l’erronea sensazione di trovarsi intrappolati in qualche adolescenziale bubusettete targato Neflix sulla falsariga di La maledizione di Bridge Hollow o Un fantasma in casa dovesse iniziare a far desistere, vi invitano sinceramente a chiudere gli occhi, a prendere un bel respiro e a non cedere alla tentazione. Poiché, crede sulla parola, il bello, quello vero e macchiato di rosso, deve ancora venire. Parola di Ted Geoghegan!