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Brain on Fire

2016
Titolo Originale:
Brain on Fire
REGIA:
Gerard Barrett
CAST:
Chloë Grace Moretz (Susannah Cahalan)
Thomas Mann (Stephen Grywalski)
Richard Armitage (Tom Cahalan)

Il nostro giudizio

Brain on Fire è un film del 2016, diretto da Gerard Barrett.

Affrontare le turbe psichiche in ambito cinematografico equivale a camminare in infradito sulle sabbie mobili con gli occhi bendati. Ovvero un autentico e pericolosissimo azzardo. Più volte, infatti, il grande schermo si è trovato, suo malgrado, a valicare l’insidioso confine della melassa melodrammatica (Rain Man docet), gettando alle ortiche della banalità delicatissime tematiche che meriterebbero ben altri sguardi che non quelli del semplice sensazionalismo strappalacrime e scuci-quattrini. A tal proposito, infarcita fino al midollo di tronfio e serioso didascalismo, mutuato da più o meno celebri bestsellers di realtà, la politica di “impegno sociale” avviata da Netlix – a partire dalla denuncia dello sfruttamento dei guerrieri bambini africani in Beasts of No Nations (2015) e proseguita con l’attacco frontale al dilagante fenomeno dell’anoressia adolescenziale con Fino all’osso (2017) – trova qui un ulteriore impavido cantore della macchina da presa nella figura dell’irlandese Gerard Barrett, chiamato a tradurre in forma filmica la triste e sofferta vicenda clinica narrata dalla giornalista americana Susannah Cahalan nel libro di memorie autobiografiche Brain on Fire, toccante testimonianza di un’autentica discesa nell’inferno di una mente sconvolta capace persino di scuotere l’animo (e il portafoglio) della cara Charlize Theron.

Transitato con discreto successo al Toronto Film Festival 2016, Brain on Fire mette scena il decadimento fisico e psicologico di una giovane e brillante promessa della carta stampata (una Chloë Grace Moretz come sempre impegnatissima ma sempre più difficile da prendere sul serio) affetta da una misteriosa e rarissima disfunzione cerebrale che la trascina, di giorno in giorno, verso uno stato di perenne confusione, tra terribili allucinazioni e la progressiva perdita delle più basilari funzioni corporee. Grazie all’aiuto dei genitori (Richard Armitage e Carrie-Anne Moss), della collega Margo (Jenny Slate) e del fidanzato Stephen (Thomas Mann), la coraggiosa Susannah riuscirà a venire a capo della tremenda patologia che l’ha colpita, affrontando mille avversità prima di poter, letteralmente, tornare a vivere. La tematica alla base di Brain on Fire è decisamente scontante tanto quanto una grossa castagna messa ad abbrustolire sul fuoco, la quale necessita di essere opportunamente alleggerita dalla spessa scorza di cliché emozionali da soap opera per poter arrivare, lucidi e preparati, a gustarne, finalmente, il dolce nocciolo.

Tuttavia non basta certo appicciare un “tratto da una storia vera” in lettere bianche su fondo nero quale salvacondotto ad aprire le danze, poiché la realtà bisogna anche saperla raccontare. E, nonostante le più che sincere e buone intenzioni, il vecchio Barrett non si dimostra certo un grande storyteller per immagini, preferendo rifugiarsi dietro la calda e rassicurante copertina di un soggetto letterario preconfezionato e spingendo al massimo sulle lacrime e gli stereoitipi tanto cari al buon Xavier Dolan. Sarà l’impianto narrativo più che prevedibile e apparecchiato secondo i sacri crismi di uno pseudo-genere rodato fino allo spasmo. Sarà l’incapacità di dare credito fino in fondo a una seppur bravina Chloë Grace Moretz perennemente ipercinetica. Sarà la stucchevole e patinata scatola perbenista che racchiude il tutto. Sarà, ma, tolto il dovuto e sacro rispetto per la sofferenza autenticamente sperimentata dalla protagonista, Brain on Fire non lascia poi molto su cui riflettere che millanta e più titoli non abbiano già tematizzato, un compitino ben svolto ma senza il guizzo necessario a innalzarsi al di sopra di un proverbiale 6 politico.