Featured Image

Blackhat

2015
Titolo Originale:
Blackhat
REGIA:
Michael Mann
CAST:
Chris Hemsworth (Nicholas Hathaway)
Tang Wei (Lien Chen)
Viola Davis (Carol Barrett)

Il nostro giudizio

Blackhat è un film del 2015 diretto da Michael Mann.

C’è hacker e hacker, nel nostro mondo globalizzato e interconnesso, e si possono distinguere per finalità morali. Alcuni puntano a recuperare e diffondere documenti scottanti di multinazionali, banche e governi, altri si dedicano a prosciugare i conti in banca della gente, senza distinzione e a proprio tornaconto. Altri ancora sono in grado di entrare nei sistemi informatici delle infrastrutture governative (una centrale nucleare ad esempio) e scatenare disastri, per nazioni nemiche o come atto terroristico. Sono i più pericolosi, abili e ricercati, li chiamano blackhat. Da più di due anni Michael Mann studia il loro mondo e quello della guerra cibernetica in generale, si documenta e incontra veri hacker, esperti del settore e programmatori: ha in mente un film sul cyber terrorismo, e vuole che sia il più realistico possibile. Il risultato è Blackhat, dove una task force sino-americana di agenti speciali, coadiuvata da un hacker galeotto scarcerato in cambio di collaborazione, viene assegnata alla cattura di un misterioso blackhat che ha sabotato una centrale nucleare in Cina, causandone l’esplosione, e giocherellato con i prezzi nella borsa di Chicago, facendo impazzire il mercato.

All’uscita negli States, due mesi fa, Blackhat si è guadagnato il poco attraente riconoscimento di primo grande flop del 2015, con i suoi 4.4 milioni di dollari di incasso nel primo weekend in sala su 70 spesi di budget, generando un moto perpetuo di stroncature micidiali che ne hanno investito ogni aspetto, dalla campagna di marketing alla presunta obsolescenza nella descrizione del mondo cibernetico (nonostante tutta la ricerca dietro). Un massacro, spesso esagerato e fuori luogo, certo con degli aspetti condivisibili, ma basato tutto sulle alte aspettative che ormai un autore come Mann si porta dietro, rispettate qui solo in parte. Blackhat sembra la terza parte di una trilogia thriller ideale, dopo Collateral e Miami Vice, la conclusione di un ciclo per Mann. Ritroviamo la macchina a mano quasi perenne, le riprese notturne in digitale, la ricercata aderenza al reale anche nella rappresentazione della violenza, così come il gusto nel descrivere metropoli abbaglianti di neon e ricolme di vita, che dalle seminali Los Angeles e Miami qui si moltiplica con un muoversi continuo fra Hong Kong, Cina e Malesia, fino al confronto finale nel bel mezzo di un’affollatissima parata per le vie di Jakarta.

Ed è tutto splendido, eppure anche stantio, fermo, obsoleto, smussato. La trama e i personaggi non appassionano più di tanto, al di là della contestatissima scelta di dare al palestrato Chris “Thor” Hemsworth la parte del geniale hacker protagonista (lode al coraggio di Mann di allontanarsi dal cliché del nerd bruttarello e asociale: peccato che l’azzardo non renda), mentre le sparatorie sono sì grandiose, il meglio che offre Blackhat, ma relegate troppo nella seconda metà del film e meno esplicite in violenza rispetto ad altre opere di Mann, cosa che un po’ ne stempera la spettacolarità. Pure la fotografia digitale sembra ferma ai tempi di Collateral (sarà perché Mann ha usato le stesse lenti anamorfiche) e non colpisce più, infatti alcuni ne hanno paragonato la qualità a quella un filmino di youtube: è una provocazione, ma rende bene l’idea della sensazione, non piacevolissima. Peccato, perché Blackhat, non pensando a Mann come suo regista, sarebbe anche un discreto thriller, scorrevole e senza pretese, che di sicuro non merita (troppi) attacchi e disastri simili al botteghino.