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Black Summer

2019
Titolo Originale:
Black Summer
REGIA:
John Hyams, Abram Cox
CAST:
Jaime King (Rose)
Justin Chu Cary (Spears)
Kelsey Flower (Lance)

Il nostro giudizio

Black Summer è una serie tv del 2019 creata da Karl Schaefer e John Hyams.

The Asylum è una casa di produzione e distribuzione che, dopo un decennio passato a produrre pellicole a basso budget che scimmiottavano gli ultimi blockbuster usciti in sala, qualche anno fa è giunta alla ribalta con Sharknado, una delle pellicole più trash ed esagerate del millennio. Un film tanto assurdo quanto efficace che ha generato ben cinque seguiti. Forte di quel successo e con un budget più elevato, l’etichetta ha provato a lanciarsi nel panorama delle serie tv horror con Z Nation che, a differenza di quanto si possa credere, non ricalca il più noto The Walking Dead ma propone una storia più dinamica, mischiando action e trash. Il risultato è un prodotto interessante, con ben 5 stagioni, l’ultima delle quali arrivata da poco direttamente su Netflix. Si tratta per l’appunto di Black Summer, l’ultima creatura di casa Asylum che questa volta lascia la tv via cavo per il suo primo progetto targato Netflix, ponendosi come prequel ufficiale di Z Nation. Ambientato temporalmente prima dei fatti narrati dalle precedenti 5 stagioni, con cui apparentemente non ha punti in comune,  la storia segue un gruppo di persone impegnate ad affrontare le prime settimane dell’epidemia zombi che ha colpito il pianeta.

Protagonista assoluta è Rose, interpretata da Jaime King, che si ritrova separata dalla figlia e dal marito, tramutatosi in morto vivente, intenta ad attraversare un mondo devastato alla ricerca della bambina. La serie è stata ideata da Karl Schaefer (co-creatore di Z Nation) e John Hyams, prodotta da Asylum e distribuita in tutto il mondo da Netflix, che aveva già distribuito in esclusiva sul mercato italiano le ultime due stagioni di Z Nation, oltre alle prime tre che, però, erano già state trasmesse in tv. Black Summer è una serie godibile in maniera a sé stante, in quanto non va a riprendere nessuno dei personaggi visti nell’altro show. Punto in comune è “l’estate nera” del titolo, già citata in un dialogo tra il sergente Roberta Warren (Kellita Smith) e Mark Hammond (Harold Pirrenau), proprio nell’episodio 1 della prima stagione di ZN , che indicava il periodo in cui la stragrande maggioranza della popolazione mondiale soccombeva all’epidemia dei morti viventi. Il prequel inizia in medias res, così come la serie principale, e ci mostra un mondo già ostaggio dei morti viventi, senza però spiegarcene l’origine. Troviamo un nutrito gruppo di protagonisti che seguiremo passo per passo nel corso delle otto puntate, queste ultime divise in alcuni capitoli con tanto di titolo.

A differenza di Z Nation, Black Summer punta su un tono più cupo e serio, abbandonando il trash che contraddistingueva il fratello maggiore (che a sua volta aveva tentato di abbandonare nelle ultime due stagioni). Uno dei punti di forza delle stagioni precedenti erano i personaggi e le loro caratterizzazioni, su tutti Murphy, Warren, Doc e il Cittadino Z, aspetto più carente nel prequel, che mostra dei protagonisti con una caratterizzazione meno dettagliata.  Gli effetti speciali funzionano e confermano la presenza di un budget più elevato rispetto ad altre produzioni Asylum, testimoniando lo sforzo produttivo dovuto alla presenza di Netflix. Gli zombi corrono, esattamente come nell’altra serie, forse addirittura più veloci, ancora più famelici e pericolosi. Il mondo in cui è ambientata Black Summer è totalmente immerso nel caos, causa di una società che sta lentamente collassando. Un punto debole è la regia, un po’ frenetica e confusa negli inseguimenti; le interpretazioni sono credibili, con Jaime King, vista in Sin City – Una donna per cui uccidere e  San Valentino di sangue 3D, che svetta sugli altri comprimari e ci mostra la disperazione di una madre alla ricerca della figlia. La serie è godibile e divertente ma, a differenza dei precedenti prodotti Asylum, abbandona il trash per prendersi decisamente sul serio, forse troppo, uno dei punti deboli del prodotto.