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Black Mirror – White Christmas

2014
Titolo Originale:
Black Mirror - White Christmas
REGIA:
Carl Tibbetts
CAST:
Jon Hamm (Matt Trent)
Rafe Spall (Joe Potter)
Oona Chaplin (Greta)

Il nostro giudizio

Black Mirror – White Christmas è una serie tv del 2014, ideata da Charlie Brooker

Il Black Mirror, il nero schermo specchiato dei device che popolano la realtà dell’uomo post contemporaneo, è anche il titolo evocativo della serie antologica di Charlie Brooker sulle inquietanti implicazioni e derive della società ipertecnologica. Dopo i primi sei episodi, messi in onda sull’inglese Channal 4 tra il 2011 e il 2013 (in Italia su Sky Cinema 1 tra 2012 e 2013), il  16 dicembre 2014 è uscito sempre sullo stesso canale lo speciale di Natale intitolato Black Mirror – White Christmas; questo, certo lontano dal convenzionale buonismo natalizio, della festività mantiene solo l’ambientazione, per il resto vigono il cinismo e gli incubi- nemmeno troppo- avveniristici che hanno connotato i precedenti capitoli. Strutturato in maniera più complessa, il Christmas Special di Black Mirror è composto da tre diversi filoni narrativi, tre vicende narrate in flashback e tenute insieme da un prologo iniziale: due uomini, Mattew (un seducente, ma alla fine sfortunato John Hamm) e Joe (Rafe Spall), imprigionati in una surreale stanza squallidamente arredata alla Vigilia, iniziano a raccontare cosa li abbia portati lì.

La prima parte s’incentra su Mattew e sulla sua colpa. Costui, nelle attività notturne di “guru dell’abbordaggio”, un mix tecnologico tra Cirano e il Mefistofele del goethiano Faust, dirige insieme a una community virtuale, tramite microfono e telecamera wireless, i suoi clienti alla conquista di donne avvenenti, di cui spia gusti e informazioni personali da Facebook. Tutto sembra andare bene per il protégé di turno, quando gli interlocutori mediatici che lo guidano nel corteggiamento vengono scambiati per voci immaginarie dalla partner designata, che si rivela schizofrenica e, credendolo tale, vuole condividere con lui un funesto destino. La seconda storia, sempre ad opera del medesimo narratore, riguarda invece la creazione di un processore finalizzato a gestire una sorta di futuristico apparato di domotica. La cliente, Greta (Oona Chaplin), in una più schiavistica ripresa dell’intelligenza artificiale protagonista in Her, fa clonare la propria coscienza e ne plasma un sistema operativo che gestisca, come lei stessa farebbe, la propria casa. L’ultimo capitolo, il più banale, si avvicina più a un melodramma coniugale rivisitato in chiave futuristica che alla sagacia dei precedenti Black Mirror. Il protagonista, stavolta, è il secondo interlocutore presente nel prologo, Joe, che la moglie ha bandito dalla propria esistenza attraverso un blocco simile a quelli validi sui social network per i follower indesiderati, impedendogli così di parlarle, di vederla ed essere visto. Infine, il racconto di quest’ultimo s’inserisce nuovamente nella paradossale ambientazione di fondo, che subisce però una shoccante mutazione, spiazzando lo spettatore e confondendo così ulteriormente il rapporto tra realtà concreta e virtuale  

Interessante come sempre per la riflessione sulle implicazioni sui rapporti umani della comunicazione mediatica, il Black Mirror – White Christmas  lascia un po’ perplessi. Sebbene infatti la cornice e il primo episodio siano molto validi, gli altri due non convincono. Forse per la brevità e la superficialità con cui vengono trattati, non hanno più il medesimo connotato feroce, o sconvolgente, ma la trama, molto più banale, dà la sensazione che non ci sia nessuno spunto realmente nuovo, solo un cambiamento di forma e il recupero di materiale ready made, poi rimpastato e riconfezionato. Rimane comunque evidente che le precedenti, ciniche, peripezie ideate da Brooker, di eccezionale valore e originalità nella loro paradossale scabrosità, non siano state raggiunte da quest’ultimo episodio.