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Biosphere

2022
REGIA:
Mel Eslyn
CAST:
Sterling K. Brown (Ray)
Mark Duplass (Billy)

Il nostro giudizio

Biosphere è un film del 2022, diretto da Mel Eslyn.

Due tizi, una cupola e tanti guai. Messo in questi termini parrebbe proprio il titolo di una qualche commediola romantica d’inizio anni Duemila, ma si tratta invece della curiosa e solleticante premessa alla base di Biosphere; il grottesco divertissiment fantascientifico con il quale l’esordiente Mel Eslyn ha pensato di trascinarci verso un insolito e tutt’altro che roboante The Day After. L’indomani di un devastante e non meglio precisato Armageddon che, all’infuori dei due improbabili protagonisti, sembra aver spazzato via ogni altra forma di vita, condannando il nostro disgraziato globo terracqueo a un’eterna e asfissiante oscurità. Ma, ehi, niente pianti e disperazione, poiché, ben protetti e al calduccio dello sferico bunker che da il titolo a questo surreale kammerspiel postapocalittico, i nostri sopravvissuti portano spensieratamente avanti la propria casereccia vitaccia, tra una corroborante corsetta mattutina, interminabili disquisizioni sui rapporti di potere all’interno di Super Mario Bros. e sporadiche rievocazioni dei misteriosi accadimenti che portarono al fatidico Giorno del Giudizio.

È in effetti una strana coppia quella che abita il microcosmo umano all’ombra della desolata Biosphere, di cui fanno parte il sempliciotto Billy (il mitico Mark Duplass di Creep), infantile ex Presidente degli Stati Uniti rimasto in carica giusto un annetto prima di mandare tutto in vacca e il brillante Ray (Sterling K. Brown), suo fidato consigliere scientifico nonché migliore amico, autore del miracoloso rifugio che ha sottratto entrambi all’implacabile destino di quei disgraziati Ultimi Giorni. Questa goliardica e rassicurante routine da The Last Men on Earth verrà tuttavia improvvisamente alterata, oltre che dall’improvvisa comparsa di un misterioso vermiglio corpo celeste nell’immensa notte radioattiva, anche e soprattutto dall’inconcepibile trasfigurazione sessuale che sembra colpire – forse per puro biologico adattamento ambientale – tanto l’unico pesciolino superstite del prezioso stagno domestico quanto il confuso e impotente fu Mr. President. Sarà infatti ques’ultimo a dover fare i conti, oltre che con il miracoloso cambiamento del proprio corpo e delle proprie basilari pulsioni, anche con un mutato rapporto di complicità nei confronti del compagno di giochi di tutta una vita, iniziando a covare un tutt’altro che innaturale istinto di maternità le cui assurde conseguenze metteranno entrambi dinnanzi al proprio incerto futuro e a quello dell’ormai estinta razza umana .

È una fantascienza atipica quella che si respira, per una sana oretta e quaranta, nei pochi metri quadrati di questa irriverente Biosphere. Una fantascienza antispettacolare e, per così dire, ridotta all’osso; perfettamente in linea con quell mix di humor grottesco, surrealtà e riflessioni filosofico-esistenziali a costo quasi zero già da qualche tempo sdoganato nel brulicante sottobosco indie grazie a titoli quali Brian e Charles, Il robot che sembrava me e il recentissimo The Pod Generation. Pertendo da un pretesto decisamente buñueliano – o amlodóvariano, se si ha la pazienza di scomodare La pelle che abito – l’intelligente opera prima di Eslyn imbastisce un discorso ad ampio raggio che, all’ombra di una più che mai metaforica Fine del Mondo, ci parla dell’assurdo come di un qualcosa non da temere ma, anzi, da accogliere a braccia aperte, con quella spensierata e un po’ ingenua joie de vivre che ricorda un piccolo genietto neo-Dada come Quentin Dupieux. Passando con delicata nonchalance attraverso spinose e più che mai attuali tematiche quali l’omoerotismo latente, la fluidità di confine fra maternità e paternità e il contrasto fra responabilità individuale e collettiva, questa accattivante favoletta postapocalittica ci trascina, mediante l’apprente leggerezza estetica di una sitcom, attraverso un’intimissima folie à deux il cui contenuto rivela un peso specifico non indifferente; ricordandoci come l’Apocalisse, prima ancora che un lieto Fine, è sempre e comunque un provvidenziale Inizio.