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Baskin

2016
Titolo Originale:
Baskin
REGIA:
Can Evrenol
CAST:
Mehmet Cerrahoğlu
Ergun Kuyucu
Görkem Kasal

Il nostro giudizio

Baskin è un film del 2016, diretto da Can Evrenol

Dicono che Jason Blum sia parecchio turbato, si dice abbia a più riprese sognato rane, milioni di rane, una pioggia di rane, e la cosa lo ha stravolto. Per di più, sulle pareti della Blumhouse sono comparse, vergate con sangue umano, la X, la Y, la Z.  XYZ Films è una casa di produzione creata nel 2008 da tali Bolotin, Spicer e Tertzakian, con l’intento di scovare talenti registici in giro per l’Orbe terraqueo con budget spesso caricaturali e risultati straordinari. XYZ Films ha prodotto The Raid. Dead Snow 2. Spring. Frankenstein’s Army. Big Bad Wolves. The Invitation. iNumber Number. È arrivata anche nella ostile Turchia (Mr. Tertzakian è armeno), e con l’aiuto di Eli Roth ha scovato Can Evrenol, ebreo turco, creatore di questo sorprendente Baskin. Baskin non è un poliziesco, non un noir, non un thriller, non un crime movie, è un massacro, una macelleria turca se preferite. Il termine “baskin” si presta a molteplici significati: repressione, compulsione, coercizione. Oppure attacco improvviso, come un raid, e infatti al centro della storia c’è un gruppo di poliziotti turchi, per antonomasia brutti, sporchi e cattivi, a confrontarsi con qualcuno o qualcosa ben più brutto, sporco e cattivo di loro. Si parte con un bimbo svegliato da rantoli e mugolii dalla stanza accanto, sembrerebbe che la mamma se la stia spassando, poi d’improvviso tutto tace, il bimbo si aggira smarrito nella penombra del soggiorno, spegne una tv a schermo bianco sintonizzata su demoniache frequenze, ed ecco che una mano infernale appare per ghermirlo, risucchiarlo in una stanza, forse la sua, forse quella della mamma.

Le falangi dovrebbero appartenere al Dybbuk, spirito maligno della tradizione ebraica, imprigionato in un altrove di non vita e perciò determinatissimo a usare esseri viventi per collocarsi in un più consono aldilà. Il bambino ghermito, Arda si chiama, lo ritroviamo sbirro in una desolata taverna, tutta mosche e brandelli di carne marcia, a cianciare di sesso e scommesse con altri bad cops, attaccabrighe e fascistoidi come da contratto. è notte, arriva una chiamata di intervento, la squadriglia parte sul van a lampeggiante acceso. Poi una creatura sanguinante sbuca dal nulla, è incidente, il van precipita in un canale. I poliziotti escono malconci ma (ancora) vivi, vessano un branco di strani villici e deformi, si incamminano a piedi. Rane, ovunque rane, rane striscianti o saltellanti. Alla fine arrivano a destino, la chiamata è partita da un posto di polizia dismesso, una porta per l’inferno ad uso esclusivo degli uomini in divisa. Dentro sangue, viscere, dolore, rane, putrìo. Le celle ospitano riti sacrileghi, larve umane si accoppiano o si mutilano per poi divorarsi, nei corridoi infetti risuona l’eco di un lamento simile ai mugolii della madre dell’Arda bambino. Non c’è via d’uscita, i nostri (anti)eroi sono in trappola, giù negli scantinati, in the basement, pronti al sacrificio, che è un’epifania.

Invocato dai suoi mostri si manifesta Lui, il Padre, maschio alfa e omega, una sorta di incrocio tra Baby Killer e Hellraiser, orco ottuagenario con lineamenti da neoaborto deforme, sproloquia e infierisce sui poliziotti, coltello in pancia, coltello negli occhi, lingua in bocca, lingua nelle orbite svuotate. L’orrore è l’impossibilità di capire se ciò avvenga per un crimine pregresso degli sbirri, se sia una manifestazione di un senso di colpa o se la colpa sia la professione poliziesca in sé. Nell’antro si compie il rito, la violenza, lo stupro di maschi sui maschi, tutti vengono macellati, ne resta soltanto uno, Arda… Baskin è stato accolto benissimo dagli addetti ai lavori, che hanno azzardato, non a torto, il paragone con il sommo Martyrs di Pascal Laugier. L’idea di usare i poliziotti come carne da macello potrebbe aprire la strada a un nuovo fecondo sottogenere, il Police-Tortured-Porn, con annesso spasso catartico.