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Babysitter Must Die

2020
REGIA:
Kohl Glass
CAST:
Riley Scott (Josie Jane)
Melinda Yeaman (La donna)
Scarlett Hazen (Sophia Castillo)

Il nostro giudizio

Babysitter Must Die è un film del 2020, diretto da Kohl Glass

Gli home invasion hanno raschiato il fondo del barile, e non da ora. Sarà perché Haneke, con quel trattato cinico chiamato Funny Games, aveva già raggiunto l’omega. E sarà anche perché, già a partire dagli anni Novanta, il genere in questione si avviava tranquillo e baldanzoso verso la sua variante e/o deriva comica. Detto questo, nessuno pretende ogni volta un Cane di paglia, né per la violenza né per le implicazioni politico-sociali, ma almeno un po’ di onesto intrattenimento. Anche quando i mezzi sono obiettivamente risicati, per il solito adagio in cui gli scarsi denari possono essere compensati dall’efficacia delle idee. Babysitter Must Die, nel suo piccolo, segue una strada molto precisa e la porta avanti, pur trovandosi infine a dover fare i conti con qualche evidente problema. Ma, appunto perché parte dal basso, niente di grave. Il film diretto da Kohl Glass potrebbe però rappresentare un esempio perfetto per la scena indipendente di genere, ricca di festival-vetrina dove, ci si può sbilanciare, difficilmente raccoglierebbe qualche riconoscimento.

Spiegare il motivo è semplice quanto complesso. Partendo dalla base, l’idea di prendere un topos dell’horror come la babysitter e farne l’eroina d’azione, che quindi non si limita a scappare ma la mena forte, rappresenta già un’interessante deviazione. Così come lo è il personaggio interpretato da Riley Scott: una loser che però, nel corso della storia, sbloccherà delle abilità acquisite nell’altrettanto sfigato ambiente dei boyscout. Il resto è contorno su cui bisogna giocoforza soffermarsi: la famiglia ricchissima presso cui svolge la propria mansione e la setta che penetrerà nella villa alla ricerca di un non ben precisato tesoro nascosto, ovviamente anche con l’obiettivo di far scorrere il sangue. Difficile trovare, in questo caso, elementi accattivanti, specie negli antagonisti di turno che rasentano il piattume più desolante. Nella fase centrale, in effetti, il registro che funziona maggiormente è quello della commedia, specie nel momento in cui arriva il solito malcapitato ragazzo della pizza. L’azione invece rimane una promessa molto difficile da mantenere, anche perché proprio qui si evidenziano le maggiori difficoltà nel dare uno scossone a chi guarda. Anche volendo definire il film come un ironico e più povero home invasion, ciò non basterebbe a non riconoscerne i limiti, ossia quelli che rendono un’operazione non completamente riuscita, anche in un microcontesto dove le aspettative sono giustamente al ribasso.

L’incertezza dell’oggetto sovrannaturale nascosto nella villa e la trasformazione da vittima a giustiziera della protagonista rimangono gli elementi di curiosità che lasciano spazio, per tutta la durata, alla curiosità. L’idea, in effetti, del cosiddetto e succitato “sblocco delle abilità speciali” è sicuramente divertente ed è in linea con tanti horror postmoderni dove la consapevolezza diegetica e la transmedialità la fanno da padroni. La falla rimane nella messa in scena, la quale non si emancipa mai dalla banalità e rimane sempre su toni medi, quando il contesto e il registro avrebbero potuto benissimo consentire il parossismo. Botte e schianti, ma brevi e senza un guizzo: un vero peccato. Perché è proprio da questi figli minori che è lecito aspettarsi il piatto completo, ossia il cinema popolare che osa, che va oltre e che si diverte prima ancora che divertire.