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Antrum – Il film maledetto

2018
Titolo Originale:
Antrum: The Deadliest Film Ever Made
REGIA:
David Amito, Michael Laicini
CAST:
Rowan Smith (Nathan)
Nicole Tompkins (Oralee)
Dan Istrate (Cassius)

Il nostro giudizio

Antrum è un film del 2018, diretto da David Amito e Michael Laicini

C’era una volta il film maledetto, con tutte le fake news montate ad arte per renderlo più appetibile e convincere tutti che avrebbero assistito al film più spaventoso di sempre. Sacchi per il vomito messi sulle poltrone, spettatori portati via privi di conoscenza per il troppo sgomento. Cazzate. Lo sapevamo allora e lo sappiamo oggi, con The Blair Witch Project che ha superato la ventina, senza bisogno che qualche critico vestito di sole ci irradi con la sua conoscenza. Perché se siamo consapevoli di quelle operazioni di marketing chiamati horror mockumentary, allora il nostro interesse sta nell’oggetto in sé: non tanto nella sua capacità di convincerci di una qualche veridicità, piuttosto nella sua costruzione. Per forza di cose, se si cerca altro, Antrum può essere solamente una delusione. Certamente nessuno poteva aspettarsi che da un’operazione talmente paracula come “un film che uccide chi lo vede” venisse fuori qualcosa di genuino ed elaborato. Passiamo alla prima domanda, ossia “Cosa è?”.

Antrum è innanzitutto l’oggetto di studio del documentario (sottintendo il virgolettato): un misterioso film di fine anni ‘70 che ha lasciato dietro di sé una inquietante scia di morte. Direttori di festival periti inspiegabilmente dopo la visione, una proiezione a Budapest finita con un rogo e una a San Francisco terminata nella follia collettiva. Ci viene comunicato che gli autori sono entrati in possesso di una copia del film e che stiamo per vederlo nella sua integrità, a nostro rischio e pericolo sollevando la produzione da qualsiasi responsabilità. Quindi parte Antrum, sulla cui diegesi sarò telegrafico: coppia fratello e sorella in una foresta, rito esoterico, incubi e demoni. Certo, parliamo della parte più consistente di questa opera, laddove il documentario funge invero da cornice; tuttavia non è di contenuti che ci dobbiamo preoccupare, anche perché cercare in essi la benché minima verosimiglianza è pratica da perditempo. L’oggetto filmico è modellato al fine di risultare credibile nel tempo e nel contesto in cui sarebbe stato prodotto, è evasivo e rarefatto nelle atmosfere: titoli di testa in cirillico e colonna sonora pervasiva e sovrastante il parlato aggiungono la giusta dose di mistero.

Arrivano anche, dopo un incipit eccessivamente flemmatico, momenti davvero inquietanti, tra l’onirico e il grottesco. E poi ci sono le intrusioni: graffi sulla pellicola che riportano caratteri marcatamente esoterici e frammenti di quello che ha tutta l’aria di essere uno snuff movie. Non si tratta più di seguire un qualsivoglia sviluppo, ma di sottostare placidamente ad un’esperienza visiva:  alea iacta est. La pellicola maledetta è ormai assimilata come tale vista il senso di sgradevolezza che si inizia a provare, non tanto per l’efferatezza dei contenuti, quanto per il prolungarsi di un racconto che assume sempre più i tratti di un incubo o di un’allucinazione posticcia. Oltre al prodromo più famoso Ringu, di cui si rubacchia solo l’idea di base, Antrum mostra e spiega, in introduzione ed appendice, la sua devozione verso Haxan, i diavoli di Méliès e L’Inferno del 1911. Non si può poi non pensare all’Antichrist trieriano, vista l’ambientazione e l’atmosfera maligna di cui è impregnata. Siamo dunque davanti ad un progetto filmico che non manca di fascino e di quel vecchio spirito sornione degli orrori “veramente accaduti”. È innegabile tuttavia che, rispetto al desolato panorama del mockumentary, per stile ed inventiva, Antrum sia una boccata d’aria fresca.