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Anon

2018
Titolo Originale:
Anon
REGIA:
Andrew Niccol
CAST:
Clive Owen (Sal Frieland)
Amanda Seyfried (la Ragazza)
Colm Feore (Charles Gattis)

Il nostro giudizio

Anon è un film del 2018, diretto da Andrew Niccol.

Non bisognava certo attendere le marachelle sottobanco di quel gran birbacchione di Mark Zuckerberg per giungere alla più che cristallina conclusione che, nell’era 3.0, disquisire ancora in materia di privacy equivale a sostenere che il Dodo non si sia mai estinto. Nonostante tale ovvietà, pare che esista ancor oggi uno sparuto gruppo di autori (e con essi di assidui spettatori) che sentono l’irrefrenabile necessità di rimarcare senza sosta il valore tradito della sfera privata, senza accorgersi di essere ormai fuori tempo massimo. Tra di essi occupa certamente un posto d’onore Andrew Niccol, cantore fra i più identificativi del cinematografico distopico-futuribile che, con il suo nuovo Anon, aggiunge un tassello, francamente inutile ma tutto sommato godibile, al bulimico (e spesso stucchevole) puzzle di una postmodernità immaginaria, dipinta spesso come orfana del confine fra pubblico e privato. Ennesimo ambizioso e altisonante progetto sci-fi targato Netflix, Anon (diminutivo di Anonymous per chi ancora brancolasse nel buio) ci favella di un inquietante avvenire nel quale, grazie ad avanzati impianti cerebro-oculari, ciascuno è in grado di carpire qualunque informazione altrui, rivivendo in prima persona ciò che gli altri vivono e hanno vissuto, senza più la necessità di accedere ad alcun apparecchio fisico. Ed è in questa società panottica, totalmente “alla luce del sole”, che il detective Sal Frieland (Clive Owen ormai in stato di paresi avanzata) si trova a dover indagare su di una serie di misteriosi omicidi commessi da un misterioso soggetto che pare sfuggire a qualunque possibile identificazione.

Durante le proprie indagini, il duro e disilluso tutore della legge avrà modo di incrociare la strada di un’equivoca e seducente femme fatale (Amanda Seyfried nel suo primo nudo semi-integrale), anch’essa capace di occultare la propria natura. Che sia lei la fantomatica autrice degli oscuri delitti? Oppure qualcosa di ben più sostanzioso bolle in pentola? Confezionato con tutti i sacri crismi del caso, ma ingolfato da una struttura narrativa al contempo troppo semplice e, a lungo andare, anche inutilmente incasinata, Anon si distanzia ere geologiche dalla perfezione estetico-drammaturgica del mirabolante Gattaca – La porta dell’universo (1997), risultando certamente molto più affine ad alcuni prodottucoli di puro entertainment del calibro di In Time (2011) e The Host (2013), mantenendo tuttavia una base di stuzzichevoli suggestioni, per lo più gettate alla berlina mano a mano che il minutaggio scorre inesorabile. Miscelando lo spunto di una tecnologia di registrazione biotecnologica sul modello di The Final Cut (2008) con l’evidente critica a sistemi di monitoraggio occulto-subliminale strappati di forza da Essi Vivono (1988), Niccol si gigioneggia parecchio nel continuo e dinamico passaggio fra un paradigma di visione prettamente cinematografico (il formato widescreen 1,85) e modelli classici del gaming videoludico (POV con tanto di pistolone prostetico impugnato e indicatori a video di parametri vitali e quant’altro), un giochetto grafico sicuramente accattivante per il primo quarto d’ora ma che finisce per annoiare peggio che l’immancabile tombola la sera di Natale.

Unica intuizione davvero interessante risiede nell’impiego di una detection da giallo classico, partendo dall’immancabile meccanismo del whodunit per poi impiegare massicciamente le fantasiose tecnologie di stoccaggio audio-visivo per ricostruire, un po’ come in moviola, le dinamiche nascoste o sfuggite dell’evento in questione. Ma scusate, non c’era forse già stato Prospettive di un delitto (2008)? Si, appunto, ma lasciamo correre che è meglio! Senza nessunissima infamia ma, al contempo, certamente senza alcuna evidente lode, Anon procede piatto e quadrato per il proprio corso, senza concedersi distrazioni né accollarsi potenziali rischi di sorta, con il risultato di favorire una visione onesta ma precaria, pronta a scivolare via dal tessuto connettivo ben prima dei titoli di coda.