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Anja – Real Love Girl

2020
Titolo Originale:
Anja – Real Love Girl
REGIA:
Pablo Benedetti, Paolo Martini
CAST:
Roberto Caccavo (Andrej)
Larthia Galli Nannini (Anja)
Daniele Favilli (Italo)

Il nostro giudizio

Anja – Real Love Girl è un film del 2020, diretto da Paolo Martini e Pablo Benedetti.

Siamo tutti sull’orlo di un baratro. Il nostro dolore è così banale! Frasi profonde, manifesto del pessimismo più nero, che così, su due piedi, parrebbero proprio il parto di un qualunque Nietzsche o Tolstoj che si rispetti. Invece, guarda un po’, a sputacchiarle fuori con una certa nonchalance è la suadente bocca di Anja (Larthia Galli Nannini), giovane immigrata russa, tanto bella quanto terribilmente incasinata. Incasinata così come il timido, introverso e pesantemente depresso Andrej (Roberto Caccavo), fresco fresco di licenziamento e preda di una solitudine incipiente che solo la passione per i filmetti zozzi sembra in parte mitigare. Due angeli perduti che condividono ben più che le semplici origini geografiche, i quali finiscono per incontrarsi e scontrarsi nello sfuggente universo della realtà virtuale, dove lei esibisce le proprie grazie al miglior offerente e lui, voglioso di nuove sensazioni, è pronto ad abbattere le barriere del tubo catodico per sperimentare l’abbraccio, seppur immateriale, dell’unica donna che gli è realmente accessibile. Ma, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, Anja – Real Love Girl è tutto fuorché un film di fantascienza, poiché la VR costituisce il pretesto – o, hitchockianamente parlando, il sacro MacGuffin – per innescare una torbida e incalzante caccia all’uomo (o meglio, alla donna) che ha tutto il sapore di un freddo noir d’altri tempi, dove la nebbiosa città si trasforma in un insidioso mostro notturno pronto a inghiottire tutto e tutti.

Dimostrando di avere ben saldo il timone della regia fin dai primissimi fotogrammi, Paolo Martini e Pablo Benedetti costruiscono con Anja un desolante e ostile microcosmo urbano fatto di accenti fiorentini e dell’est Europa, nel quale il loro sperduto e alienato protagonista kafkiano si muove alla ricerca di uno scopo alla propria misera esistenza, al di fuori dell’ormai ex ditta di imbottigliamento per la quale svogliatamente lavorava. Ed è qui che il nostro derelitto umano di poche parole, tra fugaci incontri serali al bancone di un bar con il rampate Italo (Daniele Favilli), unico essere umano a potersi definire quasi un “amico”, vede cambiare improvvisamente la propria vita quando, procacciandosi il porno quotidiano dal fido trans di quartiere, s’imbatte nella bella creatura del titolo. O meglio, ne fa la conoscenza indiretta tramite un nuovo visore VR con il quale la bella creatura di rosa acconciata offre tutta se stessa attraverso un video decisamente piccante che sembra però nascondere uno strano e inquietate segreto fra gli ultimi pixel che lo compongono. Basterà questo a spingere il povero Andrej a imbastire una lunga e forsennata ricerca della sua bella lucciola virtuale, fortunosamente scovata nientemeno che a due metri da casa ma subito svanita, forse a causa del furto di un prezioso disco contenente informazioni compromettenti circa un losco circuito di crimini e prostituzione gestito dal misterioso Viktor, un tosto e sfuggente Keyser Söze di cui tutti sanno ma di cui nessuno osa rivelare l’identità.

Un mondo zozzo, bagnato e particolarmente corrotto quello di Anja, dove tutti, dai criminali agli impiegatucci in giacca e cravatta, dimostrano di avere in sé ben più che qualche cellula marcia. Un mondo nel quale, dal principio alla fine, nemmeno un fievole raggio di luce pare disposto a riscaldare il fotogramma e i casi umani che lo popolano. Ma se il dramma esistenziale, con gli amori impossibili e gli affetti approssimativi tipici di ogni buon noir che si rispetti, popola la prima parte del racconto, è il thriller a farla da padrone nella seconda tranche, catapultandoci in un autentico incubo notturno fatto di sordida malavita e cupissimi segreti che abitano le ore più buie della giornata. La stessa maledetta giornata che il povero Andrej potrebbe non portare a termine dopo il gran casino nel quale si è cacciato, alla disperata ricerca di un amore così rapidamente conquistato e altrettanto fugacemente dissoltosi nella nebbia. Una fotografia decisamente suggestiva e una recitazione sorprendentemente azzeccata – in particolare quella di Caccavo, perfettamente in parte nella sua minimalista espressività quasi lynchana – riescono a tenere sotto controllo un budget a dir poco risicato, il quale tuttavia viene abbondantemente compensato da un’ottima sceneggiatura capace di richiamare tanto il Melville dei bei tempi andati quanto il Garrone dei mafiosi intrallazzi di casa nostra. Il tutto con uno spirito così lucido e onesto che, al di là di un ottimo colpo di scena finale, appare impossibile non riuscire ad appassionarsi a un oscuro dramma metropolitano di così rara sensibilità.