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American Horror Story – Murder House

2011
Titolo Originale:
American Horror Story – Murder House
CAST:
Dylan McDermott (Benjamin "Ben" Harmon)
Connie Britton (Vivien Harmon)
Evan Peters (Tate Langdon)

Il nostro giudizio

American Horror Story – Murder House è una serie tv del 2011, trasmessa in Italia nel 2011, ideata da Ryan Murphy, Brad Falchuk.

Se il giudizio su una serie televisiva dovesse avere come parametro le novità che essa contiene, American Horror Story – Murder House sarebbe da cinque stelle: infatti, pur rifacendo il verso al genere horror e a tanti suoi elementi classici (amputazioni, deformità, mostruosità, satanismi), li rimescola in modo originale, o quanto meno “personalizzato”, aggiungendovi elementi che fanno riferimento a temi caldi della società moderna , quali la diversità, la maternità come pretesa affermazione della donna, la psicanalisi e la sua talvolta dubbia utilità,l’omosessualità, la crisi della famiglia tradizionale e, non ultimo, il tema dell’elaborazione della morte. Tanta roba. Talmente tanta che sarebbe stato geniale riuscire a farne una serie equilibrata; e invece ci ritroviamo, talvolta, di fronte a puntate gioiellino come le prima tre, che ci introducono in questo mondo apparentemente molto reale ma pieno di misteri da svelare, e che riescono a tenere viva la suspense nello spettatore, coinvolgendolo, incuriosendolo e dosando la quantità di rivelazioni in maniera perfetta.

Quando, però, la verità più grande dietro American Horror Story – Murder House è rivelata ed è ormai chiaro che la casa acquistata dalla famiglia Harmon (padre psicanalista, moglie e figlia adolescente) è infestata dai fantasmi dei proprietari precedenti, tutti morti in maniera violenta, la trama comincia a perdere mordente e l’equilibrio tra il mondo dei vivi e quello dei morti presenta spesso forzature e qualche imbroglio. Anche i flashback sui proprietari del passato, uno per ogni puntata – piccoli film nel film –, se all’inizio conservano una quantità di orrore e attrazione davvero notevoli, man mano cedono, diventando quasi un rituale sempre più vuoto al quale lo spettatore comincia a disaffezionarsi. La serie, se resta in piedi fino alla fine, pur tra alti e bassi, è per la bravura del cast (prima tra tutti Jessica Lange, perfida vicina ed anche lei ex abitante della Murder House), per la capacità di trasmettere sentimenti in un contesto fatto di violenza e morte fatto di violenza e morte (il rapporto tra Constance/Lange e sua figlia Adelaide, affetta da Sindrome di Down; l’amore tra il fantasma Tate, figlio pluriomicida di Constance, e Violet Harmon; il legame tremendamente morboso tra mamme e neonati) e per alimentare nello spettatore la speranza di poter comunicare con quelli passati a miglior vita, salvo poi scoprire che i defunti vogliono stare da soli, e che soltanto nella loro dimensione ultraterrena possono trovare un equilibrio.

Menzione speciale per la sigla di American Horror Story – Murder House, un bel raccapricciante tema musicale con sonorità trip-hop composto dal progettista del suono Cesar Davila-Irizarry e dal musicista Charlie Clouser, accompagnato da una sequenza che comprende le immagini di bambini, feti in barattoli, teschi, un abito da battesimo, una divisa da infermiera e una figura in possesso di cesoie insanguinate; tutti elementi che hanno assunto significato col prosieguo degli episodi.