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Altered Carbon

2018
Titolo Originale:
Altered Carbon
REGIA:
Uta Briesewitz, Alex Graves, Peter Hoar, Nick Hurran, Andy Goddard, Miguel Sapochnik
CAST:
Joel Kinnaman (Takeshi Kovacs)
James Purefoy (Laurens Bancroft)
Martha Higareda (Kristin Ortega)

Il nostro giudizio

Altered Carbon è una serie del 2018, creata da Laeta Kalogridis

La società è sempre stata e sarà sempre un sistema per la strumentalizzazione e l’oppressione della maggioranza attraverso metodi di potere politico dettati da un élite, attuati da criminali con o senza uniforme, e sorretti dall’intenzionale ignoranza e stupidità della maggioranza stessa oppressa dal sistema.

Voilà: ecco le vive parole di Richard Morgan, autore del romanzo a cui si ispira la serie sci-fi poliziesca Altered Carbon e che riassumono più o meno tutto il senso del prodotto Netflix. In un prossimo futuro distopico (aggettivo fin troppo abusato negli ultimi tempi), l’anima (o la personalità, il carattere delle persone come lo volete chiamare) sarà condensata in un chip impiantato alla base del collo permettendo alla razza umana il miracolo dell’immortalità e di poter di conseguenza continuare a vivere in altri corpi (o gusci) quando i rispettivi muoiono, semplicemente trapiantando il chip stesso. In questo contesto, il chip dell’ultimo dei Ribelli viene impiantato nel corpo di un poliziotto caduto in disgrazia (Joel Kinnaman) per risolvere un caso di omicidio. La cosa più bella per un cinefilo è l’accumulare esperienze e conoscenze critiche nel proprio campo: a quel punto può confrontare, apprezzare le differenze, le similitudini, i richiami, le chiavi di lettura, il punto di vista dell’opera, la voce narrante.

Ecco, questa è una di quelle volte in cui si vorrebbe arrivare alla visione, vergini di tutto: non avere idea di cosa sia Blade Runner e il noir romantico ambientato nel futuro, oppure Metropolis e il potere condensato in una piccolissima élite decadente, o non aver mail letto il Mondo Nuovo e i Grandi Fratelli (Aldous Huxley, George Orwell). Non aver mai vissuto l’era cronenberghiana della nuova carne e i nudi integrali di Tetsuo (chi ha visto la serie coglierà), non conoscere a menadito le nichiliste poesie di Edgar Allan Poe e infine non sapere che il cowboy solitario è destinato alla solitudine e che alcuni personaggi sono stati scritti e appoggiati lì come sfogo comico (a volte con goffi risultati). Altered Carbon è di buona fattura: condensa tutto ciò che il suo genere prevede da menù, ci infila persino un giallo (anche se un pò farraginoso) offre un sacco di spunti (pure troppi) e shakera come in un cocktail Mad Max, dissertazioni sul tema delle discriminazioni etnico/religiose e di gender, sesso e love story come ingredienti addizionali ai sopracitati, esattamente come farebbe un club a Ibiza durante l’Happy Hour.

La fotografia è accattivante e in linea col gusto attuale, i protagonisti sono efficaci e funzionali ma – credo si evinca a questo punto del mio scritto – in Altered Carbon non c’è assolutamente nulla di originale nè di brillante dal punto di vista sia contenutistico che di messa in scena (colonna sonora, coreografie di combattimento, montaggio sonoro). Una pennellata di vergogna invece mi tocca proprio darla alla sceneggiatura che a tratti mi ha messo in vero imbarazzo, sia negli scambi pseudo-brillanti che nei tentativi di dissertazioni filosofiche sul significato della Vita e della Morte. L’apprezzamento che rivolgo verso questo tipo preciso di prodotto è che, forse un giorno, finirà nelle mani di un adolescente ancora vergine di tutte queste esperienze, il quale intuirà che quello di cui ha appena fruito è in realtà la punta dell’iceberg di tutto un mondo dietro da scoprire; che non si trova sui social, che non fa tendenza, ma che i mezzi infiniti che ci offre il digitale stesso oggi (e Netflix ne è un esempio) renderanno facilmente reperibile.