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Altered Carbon – Stagione 2

2020
REGIA:
M.J. Bassett, Ciaran Donnelly, Salli Richardson-Whitfield, Jeremy Webb
CAST:
Anthony Mackie (Takeshi Kovacs)
James Purefoy (Laurens Bancroft)
Martha Higareda (Kristin Ortega)

Il nostro giudizio

Altered Carbon – Stagione 2 è una serie tv del 2020, ideata da  Laeta Kalogridis.

Nel ventiquattresimo secolo, la coscienza umana è digitalizzata e memorizzata su server per poter essere comodamente inserita in un corpo nuovo (identico all’originale o fatto su misura a seconda delle esigenze). L’immortalità è quindi  finalmente liberalizzata (soprattutto per le classi sociali in cima alla piramide) come fosse un prodotto commerciale con tutto ciò che questo comporta sul piano delle speculazioni e dello sfruttamento per quelli che stanno in fondo alla catena alimentare. Nella prima stagione della serie, il veterano Takeshi Kovacs veniva liberato dalla prigionia per investigare sull’omicidio dell’uomo più facoltoso della sua galassia. Per servire al meglio questa delicata missione, i suoi ricordi erano stati impiantati nell’involucro vichingo di Joel Kinnaman (Frank-N-Furter non avrebbe prodotto di meglio nel suo laboratorio) in una vicenda infarcita di luoghi comuni cari alla science- fiction: duelli, un giallo da risolvere e sequenze di sesso patinatissime per spuntare proprio tutte le voci richieste dal metro di gradimento degli utenti binge watching.

Altered Carbon –  Stagione 2 inizia qualche decennio dopo i fatti; Kovacs è latitante e vaga nello spazio saltando da un guscio all’altro (questo il nome della custodia umana che contiene il microchip) sempre in compagnia della sua spalla, l’ologramma Poe (una Query con problemi di memoria) per nascondersi al Prottetorato che lo cerca. Sperando di ottenere informazioni sul suo grande amore (Renée Elise Goldsberry), Kovacs fa ritorno al suo pianeta e questa volta è stato impiantato in una custodia 2.0 che ha l’aspetto di Anthony Mackie (già comparso in alcuni film Marvel) dotata di notevoli capacità tecniche in più. Insomma nel futuro cambieremo gusci umani con lo stesso principio con il quale oggi cambiamo gusci allo smartphone. Il nuovo giallo si articola su chi sta assassinando membri della classe dominante ma usando stavolta una tecnologia in grado di disintegrare addirittura il chip della vittima e che riporta in auge il concetto di morte irreversibile (vero tabù della narrazione). Angoscia distopica e sfruttamento sociale (uniti alle interrogazioni sui limiti etici della scienza) sono la spina dorsale della serie, con le infinite speculazioni (certamente non originali) che se ne possono trarre.  Dove sono conservati i nostri ricordi? La memoria del corpo resta esclusivamente muscolare o diventa anche emotiva? E’ la mente a porre limiti al corpo o viceversa? Sbarazzarsi del proprio corpo consente di sbarazzarsi anche del proprio bagaglio emotivo? Se mi lasci con questo corpo, ti cancello nel prossimo?

La produzione di Altered Carbon –  Stagione 2  prende la strada del prodotto di genere con decisione, scegliendo un taglio più asciutto e coinciso passando da dieci a otto episodi della durata media di quaranta minuti. Il sapore noir della prima stagione diventa questa volta un racconto hard boiled condito di combattimenti accuratamente coreografati, montaggio sonoro e ambientazioni in perfetto stile cyberpunk molto più a fuoco rispetto a quello troppo compiacente del pubblico generalista che aveva la prima stagione. L’aspetto è costoso senza rinunciare alle inquadrature da angolazioni oblique e i blu e verdi saturi di Star Trek, mentre Il granitico protagonista sembra stia già posando per la presa del proprio action figure. Ripulito dai pretestuosi nudi (esclusivamente femminili ahimè), dalla forzata vena autoironica del protagonista e sfrondato dei dialoghi superflui, il prosieguo del racconto risulta decisamente più sintetico e pertinente in tutti i suoi aspetti. L’uscita dello spin-off in versione animata Altered Carbon Resleeved ha seguito di pochi giorni quella del live action. Scelta interessante vista la peculiare opportunità di poter intercambiare agilmente gli interpreti in una saga in cui gli attori sono veri e propri “gusci”.