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#Alive

2020
Titolo Originale:
#Saraitda
REGIA:
Cho Il-hyung
CAST:
Yoo Ah-in (Oh Joon-woo)
Park Shin-hye (Kim Yoo-bin)
Lee Hyun-wook (Lee Sang-chul)

Il nostro giudizio

#Alive è un film del 2020, diretto da Cho Il-hyung.

Difficile non cadere presto nello sconforto davanti all’ennesimo film di zombie. Ormai li abbiamo visti ambientati in quasi tutti i posti del mondo, quindi il contesto culturale diverso dall’America o l’Europa, non produce più gran sensazione. La storia è sempre la stessa. La fine del mondo giunge all’improvviso, senza grandi spiegazioni ma lasciando che prima di tutto sia il nostro stesso senso di colpa verso l’ecosistema, a divorarci di rimorsi. Sarà la conseguenza di una vita sbagliata, una politica sbagliata, un’economia sbagliata? La natura ci porta il conto facendo impazzire i nostri simili e trasformando l’umanità in un gigantesco e patetico dinosauro che divora se stesso? C’è comunque un sopravvissuto che assiste allo sfacelo, uccide per sopravvivere, cerca di vender cara la pelle e trascorre il suo tempo senza fare sostanzialmente nulla, a parte attendere il momento in cui le cose diventeranno impossibili. #Alive, con l’ashtag nel titolo, sembra voler calare gli zombie nel momento in cui la tecnologia sta  fagocitando la nostra fisicità, trasformandoci in esseri deambulanti sulla breve distanza, passando dal divano alla scrivania, collegando costantemente la propria essenza entro mondi virtuali, artificiali ma eccitanti e sicuri, siano essi nell’ambito dei social o dei videogame in streaming.

Il film di Cho II-hyung, in un momento molto prolifico e vincente per il cinema coreano, traspone lo script dl un americano, Matt Naylor, #Alone, cercando di tradurlo per il mercato asiatico. Dopo un po’ che si va avanti nella visione, si intuisce però che non accade granché di speciale. Sì, è vero che non ci sono le consuete smargiassate, i soldati chiassosi e disgustosi, le pistole e le mitragliatrici dei predoni, lo splatter delle grandi abbuffate collettive dei morti. No, ci si sofferma soprattutto sul senso di disperazione e solitudine, su quanto l’apocalisse poi finisca per essere comunque una cosa intima. Peccato che un film simile l’abbia già girato qualcuno e si intitoli The Night Eats The World (2018). #Alive deve avere qualche altro asso nella manica per conquistare il pubblico degli appassionati, ma tolte le piccole differenze di un tecno-dotato come Joon-Woo (Yoo Ah-In) rispetto a Rick Grimes: il primo che invece di prendere un cavallo e puntare la città, dorme sul divano e poi si ammazza di partite ai videogiochi, il film non propone chissà quali sbocchi. Si sopravvive, tanto per cambiare. #Alive, appunto. Però II-hyung suggerisce qualcosa in merito a questa tecnologia, tanto bistrattata e vista come l’eclissamento della vera interazione e dell’autentica socializzazione fisica. In realtà ci sta adeguando a un’eventuale apocalisse sociale, che sia opera di zombie o di contagi mortali e alla lunga, questa spersonalizzante tecnocrazia potrebbe, in caso di ripristino della rete wireless, salvarci dall’estinzione. Come?

#Alive vorrebbe essere uno zombie-movie formato social-media con una serie di risposte originali in merito alle questioni poste sopra, ma di fatto è solo un altro zombie movie rarefatto e stilizzato. Il film avrebbe aggiunto davvero qualcosa se avesse cercato fino in fondo di immaginare cosa ne sarebbe della nostra dipendenza da tecnologia e del nostro ormai scarsissimo impulso a uscire in strada, davanti allo scenario di un’epidemia necrofobica, ma l’idea di far saltare la connessione riduce il tutto a un amore stendhaliano con raggi laser, un nichilismo consumistico grottesco, droni telecomandati e un paio di walkie-talkie. Purtroppo la medialità oltre l’apocalisse non è la componente principale della storia. Anche la relazione amorosa a distanza tra i due protagonisti (l’altra è Kim Yoo-bin, intrepretata da Park Shin-Yie) avrebbe potuto dirci molto sull’attitudine filtratissima che abbiamo nel socializzare e a quanto ci farebbe davvero soffrire ridurre ogni scambio a un walkie-talkie e un balcone di fronte. Insomma, non basta un hashtag per rendere uno zombie movie qualcosa di davvero inedito. Interessante notare che i titoli di testa sembrano la sigla di una serie televisiva invece che quelli di un film. Il brano darkwave che accompagna le immagini, firmato dal misconosciuto Inni, è però davvero seducente.