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Air doll

2009
Titolo Originale:
Kûki ningyô
REGIA:
Hirokazu Koreeda
CAST:
Jô Odagiri
Du-na Bae
Susumu Terajima

Il nostro giudizio

Una bambola gonfiabile prende vita. Scoprirà quanto il mondo possa essere crudele: Air doll di Hirokazu Koreeda.

Il vuoto è il tema fondante dell’ultima fatica di Koreeda Hirokazu, presentata al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard. Dopo le vicende familiari ed esistenziali di Still Walking, il regista si dedica a un film di maggior consumo, ma non per questo meno significativo. Per la prima volta contamina e manipola generi diversi tra loro, con un risultato estremamente efficace, che sopravanza di gran lunga l’analoga operazione del triste Lars e una ragazza tutta sua di Craig Gillespie, incentrandosi non sul possessore della bambola, ma sull’oggetto stesso. Il regista passa dalla fantasia aggraziata e tenera delle passeggiata iniziale della creatura per le vie della città, per poi arrivare alla tremenda sequenza in cui la bambola si ferisce e della sua scoperta del piacere sessuale con un ragazzo che ama, venate di horror e esplicite.

Il vuoto di Koreeda è un vuoto prima di tutto corporeo, fisico (la bambola, oggetto inerte e passivo per eccellenza, fatta solo per soddisfare il desiderio sessuale). E’ poi un vuoto morale e esistenziale, il “marito”, preferisce la bambola senz’anima a quella viva e anche il giovane del videonoleggio, che dovrebbe amarla, la tortura. Infine è vuoto di una società, si intravedono ossessione, mania, violenza, anoressia, anche se in secondo piano. Per Nozomi, così la chiamano, una real doll con una vagina di plastica, all’inizio pura, lieve, che si sorprende di ogni piccola cosa, il mondo si trasformerà in un vero inferno. Meglio quindi sarebbe stato rimanere quella che era. Nessuna concessione all’ottimismo, dunque, ma analisi impietosa. L’ingenuità, la bellezza, la meraviglia del mondo e della vita che lei rappresenta, subiranno ben presto uno scadimento inesorabile nel confronto con la malvagità degli esseri che la circondano. Bae do-na è semplicemente splendida, nel suo ruolo forse più complesso e importante.

Non inganniamoci quindi, questo non è un film necessariamente minore o inferiore rispetto alle grandi prove precedenti di Koreeda, forse non siamo abituati a vederlo creare una storia così sensuale e diretta, meno astratta, meno cerebrale, ma le idee e l’impostazione di pensiero non sono meno incisive o notevoli. Il modello di riferimento è ancora una volta anche il cinema giapponese del passato, in particolare i racconti di Tanizaki Chijin no Ai e Shisei, L’uomo dei tatuaggi, L’amore di uno sciocco, adattati entrambi per il cinema da Masumura Yasuzo nel 1966.