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A Ciambra

2017
Titolo Originale:
A Ciambra
REGIA:
Jonas Carpignano
CAST:
Pio Amato (Pio)
Koudous Seihon (Ayiva)
Iolanda Amato (Iolanda)

Il nostro giudizio

A Ciambra è un film del 2017, diretto da Jonas Carpignano.

«Ricorda: siamo soli contro il mondo». Questa frase, pronunciata dall’anziano nonno del protagonista, potrebbe riassumere il senso di A Ciambra, un toccante e intenso ritratto della comunità rom ubicata nel quartiere omonimo di Gioia Tauro, in Calabria. Pio (Pio Amato), protagonista quattordicenne del film, con la sua vita é allo stesso tempo prova vivente, ma anche negazione, di quanto con disarmante solennità viene affermato dal nonno; il ragazzo, precoce capofamiglia dopo l’arresto di padre e fratello maggiore, da solo, animato da un forte senso del dovere inserito però in un contesto di totale illegalità, rischia senza ripensamenti il carcere o anche di più, pur di sfamare la numerosa famiglia. Ma in questa solitudine trova alleati in altre comunità, come quella degli Africani, o degli Italiani che vivono al di fuori della più rispettabile società. Ci si tende una mano per portare a termine i furti, di auto, di bagagli, di rame da sciogliere, di smartphone, di tv, il furto sembra essere davvero l’unica attività per sbarcare il lunario e Pio, analfabeta che conclude affari attraverso messaggi audio (sia lodato whatsapp), fa del furto una seria e rispettabile attività. E proprio per questo nei piccoli mondi che il ragazzo frequenta trova spesso accoglienza ed affetto, sentimenti che lui conosce bene in quanto la sua famiglia è carente in molte cose ma non nell’amore che rende i loro solidi legami molto di più di semplici rapporti di parentela.

In A Ciambra i volti che popolano queste realtà, oltre a essere di gente vera, sono proprio reali e autentici nelle loro espressioni, e Pio è affidabile, in famiglia e fuori; davanti ad un bicchiere di vino e a una sigaretta (nella comunità rom fumano e bevono senza problemi anche i marmocchi) riesce a stringere legami e a crearsi simpatie rimanendo semplicemente se stesso: un piccolo grande uomo mai stato bambino (ammesso che esista un’infanzia in questa dimensione), un teenager cresciuto in fretta ma mai cattivo, solo desideroso di provvedere al sostentamento dei suoi cari attraverso la sottrazione di beni da un mondo che, a pochi km fuori dal suo ghetto, sembra traboccarne. In questo contesto la musica pop, che nelle sue forme odierne spesso attinge da sonorità etniche e world, si rivela il più potente mezzo per rompere il ghiaccio quando ci si addentra in mondi sconosciuti ed è un modo per entrare nel film, un un modo per avvicinare il pubblico alle persone sullo schermo. Pio esce dalla “ciambra”, che in dialetto calabrese vuol dire camera, per creare un ponte tra la sua famiglia e il mondo esterno; il suo volto, così intenso, così serio e dall’espressione mai maliziosa, affronta tante prove a cui nessuno dei suoi assiste ma la cui testimonianza tangibile é quel danaro che al rientro dalle “missioni” il ragazzo é pronto a distribuire tra i congiunti, senza quasi alcuna pretesa su di esso.

Non ci sono né acqua corrente né luce nella ciambra, ma un fuoco costante, talvolta alimentato da tossici materiali di scarto, arde sempre da qualche parte, a riscaldare, illuminare, riunire e anche, all’occorrenza, a distruggere; un fuoco simbolo della forza di una vita che resiste e va avanti malgrado la sua quotidiana problematicità. Jonas Carpignano, italo-americano calabrese di origine che scrive e dirige A Ciambra, si rivela apprezzabile esponente dell’attuale scena neorealista, fornendoci un quadro fedele di una realtà, quella degli zingari, di cui molto si parla ma che si conosce poco, senza mai esprimere giudizi e lasciando che le scene parlino da sole, siano esse drammatiche o “solari”. La presenza di Martin Scorsese tra i produttori non sorprende: un maestro del cinema che ha fatto del realismo un elemento fondamentale della sua produzione, non poteva non sostenere la realizzazione di un ritratto spontaneo, vero e mai folcloristico di una drammatica realtà sociale.