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51

2011
Titolo Originale:
51
CAST:
Sandra Staggs
Ben Rovner

Il nostro giudizio

Aspettando il film di Oren Peli, ecco che ne spunta un omonimo per la tv: una pellicola garbata diretta dal figlio di Sean Connery.

La situazione è abbastanza ambigua, anche se attualmente non disponiamo di un numero sufficiente di informazioni per sbrogliare il bandolo della matassa. Sicuro è che su Oren Peli è caduta una curiosa maledizione, che consente ai più svariati soggetti di scopiazzare tranquillamente i suoi film o comunque di citarli in casi di eclatante omonimia e somiglianza tematica. Era già successo qualche tempo fa con Paranormal Activity, clonato dall’Asylum e distribuito in home-video con una settimana d’anticipo sull’originale. Ed è successo una seconda volta, almeno si direbbe, con Area 51, opera più volte annunciata ma di cui, per una ragione o per l’altra, si sono perse le tracce.

La domanda che tutti ci poniamo è quale sia il livello di parentela tra questo film televisivo e la pellicola del regista israeliano. Colpevole sarebbe il team dell’After Dark, casa di produzione low-budget che, comunque siano andate le cose, è riuscito a mettere insieme un filmetto garbato e senza pretese. Dalle interviste al regista, che per inciso è il figlio di Sean Connery, non risultano (troppi) riferimenti a questo ipotetico padre putativo, eppure è un po’ difficile credere alla fortuita combinazione di date e tematiche tra le due produzioni.
Area 51 non è paradossalmente un film sull’Area 51, questo posto talmente segreto che tutti sanno quel che il governo ci nasconde, ma una bizzarra stratificazione di progetti, idee e stravaganti congetture. Non sembrano esserci né un punto di partenza né un luogo d’approdo, quasi che l’intero lavoro ruotasse attorno a pure impressioni visive che si accumulano e affastellano l’una sull’altra. Ecco, si potrebbe definire un mausoleo, finanche forzato, di tutto ciò che ha caratterizzato la fantascienza, o di ciò che si vorrebbe attribuire a tale genere. Nella sua ora e mezza scarsa, c’è posto davvero per ogni delirio, dai mostri umanoidi e gommosi che prendono forma e aspetto di ciò che toccano, alle mostruose creature di Alien, con le loro code, i denti aguzzi, le carni umide e bagnate. Tra una specie di ET bonario e una citazione sulfurea a Indipendence Day, è lo splatter a dettare le regole. Militari arpionati da pericolosi tentacoli, gigantesche entità affamate di carne umana, sventramenti assortiti da macelleria, Area 51 calca la mano con impietosa leggerezza. Se alla fine l’impostazione è sempre quella del piccolo schermo, con la sua fotografia un po’ appiattita, montaggio convenzionale, attori non troppo caratterizzati, il contenuto appare molto più simile a un viscerale film di exploitation che a una favola sull’amicizia intergalattica.
La base segreta si apre, si lascia guardare, scrutare, radiografare da un pubblico che forse non ha neanche mai conosciuto X-Files e che pertanto vuole vedere, tutto e subito, a discapito della qualità. Gli ufologi intenditori potranno anche storcere il naso, d’altronde svelare il mistero significa eliminarne i presupposti, ma tant’è. Area 51 non fa paura, non suggestiona, non ha similitudini con altri suoi predecessori, ne è piuttosto un prolungamento che, fortunatamente, non si prende troppo sul serio. Facendo divertire lo spettatore con la sua svagata accozzaglia di violenze senza troppo senso.
Il film ha debuttato lo scorso 26 febbraio su SyFy, canale americano specializzato in soggetti fantascientifici.