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12 Hour Shift

2020
Titolo Originale:
12 Hour Shift
REGIA:
Brea Grant
CAST:
Angela Bettis (Mandy)
Chloe Farnworth (Regina)
Tara Perry (Dorothy)

Il nostro giudizio

12 Hour Shift è un film del 2020, diretto da Brea Grant.

Vi capitano mai quelle mattine durante le quali, ancora intorpiditi dal dormiveglia, qualunque idea vi transiti per il cervello, per quanto balzana possa essere, vi pare sul momento la migliore del mondo? Giusto il tempo di indossare le pantofole ed ecco che, dopo una rapida sciacquata al viso, il vostro eureka si tramuta seduta stante in una miserrima boiata. Beh, senza voler fare i conti in tasca a nessuno, pare proprio questo il metodo seguito da Brea Grant durante l’ideazione di 12 Hour Shift, una pazzerella e debordante horror comedy che, nonostante sulla carta potesse sembrare chissà quale novità, una volta catturata dall’implacabile obiettivo della macchina da presa si rivela nulla più che un’innocua loffetta, senza nessuna particolare infamia ma nemmeno la ben che minima lode. E dire che le premesse ci potevano essere tutte: una storiella semplice quanto efficace, un gruppetto di attori non certo da buttar via, parecchio humour nero e altrettanto splatter a condire il tutto. Una formula potenzialmente vincente, insomma, la quale però, per qualche arcano motivo, si rivela invece decisamente povera di sodio e di qualunque altro oligoelemento in grado di suscitare un qualche vero interesse una volta passato il primo quarto d’ora.

Stando alla sceneggiatura, firmata con orgoglio dalla stessa Grant, 12 Hour Shift parrebbe un ennesimo Grand Guignol a tema ospedaliero, la qui protagonista stavolta è una scorbutica infermiera (Angela Bettis) costretta a vivere suo malgrado una folle e adrenalinica avventura notturna quando una strampalata simil Harley Quinn (Chloe Farnworth) a cui smercia sottobanco organi umani in cambio di qualche entrata extra non smarrisce per strada un rene fresco di espianto, promesso a un boss della malavita (Mick Foley). Dovendo render conto dello spiacevole incidente, le due avranno poco meno di dodici ore per mettersi alla ricerca di un organo sostitutivo, lasciando dietro di se una lunghissima scia di cadaveri fra gli ignari pazienti e avventori del malfamato turno di notte. Fra delinquenti in fuga, esaltati religiosi e vecchiette rompiballe, di carne al fuoco ce ne sarà decisamente in abbondanza, molta della quale rischia di essere macellata prima del tempo. Tutto in una notte, insomma. Peccato che, a differenza del rocambolesco road movie post serale targato Landis, 12 Hour Shift esaurisce la propria benzina ancor prima che la mezzora sia scoccata, trasformandosi troppo presto in una blandissima versione di Distretto 13 – Le brigate della morte con quel tanto di camp splatter che vorrebbe tener buoni i fan di Raimi senza tuttavia riuscirci appieno.

Dopo che il sanguinolento McGuffin narrativo, rappresentato dal rene perduto, finisce di svolgere il proprio compito, ecco inanellarsi una serie di situazioni sempre più assurde che, nonostante una più che onesta voglia di divertire, alla fine non possono far altro che sostituire al timido sorriso d’esordio uno sboccatissimo sbadiglio. Mentre il bodycount prosegue inesorabile, tra corpi freddi riesumati dall’obitorio, pazienti accoppati per pura antipatia e assalti a tradimento da ambo i fronti,  al posto di appassionarsi al rosso che tinge più che generosamente le bianche piastrelle del reparto, lo spettatore inizia a occhieggiare spazientito l’orologio, augurandosi che la carneficina si concluda quanto prima e che questi Piccoli affari sporchi possano finalmente quagliare, in un modo o nell’altro. E anche nel suo quagliare, spiace dirlo, 12 Hour Shift lascia parecchio amaro e scontentezza in più di una bocca, senza quel provvidenziale guizzo che, con un po’ più di cuore e di entusiasmo, avrebbe potuto rinvigorire in extremis l’intera baracca. Si, perché, bisogna essere sinceri fino in fondo, l’idea non era affatto male, così come anche la cura nella messa in scena e le ottime prove attoriali messe in campo. Un film certamente onesto, che potrebbe persino divertire coloro che partono da zero pretese e sono disposti a godersi novanta minuti di assurdità a scoppio ritardato a base di sangue, battutacce e qualche interessante trovata visiva. Perciò, volendo usare la verace quanto proverbiale filosofia del Frusciante, il tipico film che ti entra dal cuore e ti esce dal… si insomma, avete capito!