Monte Cazazza: Death’s all, folks! 3

True Gore di Monte Cazazza resterà unico quanto a contaminazioni arty ed estetica guascona, ma sarà anche l’imprinting di un corposo filone che andrà delineandosi con sempre più nettezza e nequizia…
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Anche quanto al paragrafo visivo sulle torture animali in nome del sapere scientifico, immancabile in ogni mondo che si rispetti, Monte Cazazza sfodera dal vero ciò che Le Cilaire ha potuto permettersi solo previa ricostruzione su misura: là una scimmietta scalottata col beneficio degli f/x (mutatis mutandis, la sequenza verrà ricordata da Spielberg per Indiana Jones e il tempio maledetto), qua a un gatto viene veramente divelto il cranio, rimossa la materia cerebrale con un cucchiaio come se fosse un’ostrica, sostituita la cavità con ovatta, quindi ricucito il cranio con fil di ferro. Il commento non ci illumina sugli scopi medici di una simile idiozia, ché saperli non la giustificano socialmente né ce la rendono meno assurda o meno agghiacciante; le immagini parlano da sole su come, in nome di un presunto bene comune, l’uomo sia capace delle più incomprensibili scelleratezze, e non abbisognano rafforzativi: per lo stesso motivo non viene spiegato perché a un suino viene tolta prima e seconda pelle con una fiamma ossidrica e poi cauterizzato alla meno peggio il tutto, dissetandolo mentre agonizza. Basta la canzone Mark of the Devil a evidenziare, tra il serio e il faceto, il tutto. Curiosamente vedremo delocata la profanazione del regno animale in un pendant artistico, ossia nella clip del live coi Factrix ove viene trapanato un maiale appeso a dei ganci, robotticamente  resuscitato e reso semovente tramite le meccaniche congegnerie della Survival Research Lab di Mark Pauline, ancorché strumento musicale atonale grazie al segaossa dato ritmicamente sui denti; la straniante impressione è di assistere a un gig dei primi Einsturzende Neubauten all’interno di un mattatoio, e ci si inizia a domandare come e dove questa sequenza assolva a funzioni eminentemente documentarie.

Se le iniziali riprese dell’obitorio e dell’autopsia sono di indubbia autenticità e in tutta probabilità clandestinamente effettuate dallo stesso Cazazza (che per anni ha lavorato come necroforo e pilota di ambulanze), nella migliore tradizione dei mondo anche True Gore non scampa alla risacca del fake: i presunti necrofili intervistati in penombra altro non sono che due figure di spicco dell’ambiente underground: Debra Valentine e Cole, peraltro riconoscibili anche nel summenzionato segmento live coi Factrix; la scena del prigioniero politico appeso a testa in giù e affogato dentro un bidone pieno d’alcool, percosso con manganello elettrico e fatto mordere da una serpe, la cui fonte sarebbe nientemeno che l’Amnesty International, non è che la ripresa di una performance di e con Monte stesso nel ruolo del torturato; possiamo riconoscere nella ragazza con le vene recise nella vasca da bagno la stessa Tana Emmolo Smith che ritroveremo a circa metà film nel capitolo dedicato al rapporto tra arte e morte; nella scena dell’autopsia si fanno caricaturali ricorsi a rumori addizionali per sottolineare la lacerazione delle carni e delle ossa (per quanto farlocchi, efficacissimi, specie durante la rimozione della spina dorsale); le crude e scabrose immagini estrapolate da First Trancemission (rituali di scarificazione e liquoproduzioni corporee assortite, frammisti al bondage estremo) vengono spacciate per home movies confiscati dalla buoncostume ma provengono indubbiamente dall’archivio dello stesso Cazazza, avendo egli militato a lungo nel Tempio degli Psychick Tv come musicista e videoartista; e il riferimento alla confisca è ovviamente meta-biografico, essendo stato il video al centro di indagini investigative che obbligheranno P-Orridge all’esilio in America. Il disturbante corto SXXX con Tana Emmolo (e non Cosey Fanni Tutti, come inaccuratamente riportato dalla quasi totalità delle fonti, non ultima il certosino e seminale Killing for culture) che si applica un centopiedi d’abnormi proporzioni nella vagina dopo essersi da questa asportata ingenti dosi di sangue con un siringone, è per l’appunto un segmento ceduto da Monte al TOPY e qui ripresentato in versione ridotta e autocensurata.

Va del pari tenuto presente che il nostro è interpellato in veste di consulente creativo, e dunque ci sta tutta che l’ambizione di fare cinema ricorrendo alla prestidigitazione si frapponga al gusto tipico dell’artista di ingannare il fruitore con la giocoleria. In fondo, la realtà non è nient’altro che la percezione che se ne ha, o che di essa si riesce a dare. A comprovarlo, l’immancabile riflessione finale sull’era atomica, liquidata con un videoclip ottenuto assemblando il più impressionante video-memento del dopobomba nipponico a spezzoni di Il nostro amico atomo della Disney, in un riuscito tentativo di far andare a braccetto approccio exploitativo, verve artistoide e autopromozione del nuovo album, in un’ossidoriduzione linguistica che troverà il suo massimo compimento nelle video-produzioni Autopsy e Despair degli S.P.K. Nel voler scansare i cliché del genere, anche la chiosa del film è beffarda: l’anonimo Caronte di turno passeggia beato in un cimitero e dopo averci sfoderato un distillato di tutto ciò che contravviene alla vita, conclude ricordandoci serafico e riconciliato col cosmo che vivere nella paura della morte è uno spreco esistenziale e di energie, per poi darci appuntamento nell’aldilà mentre nello score rintoccano in loop le campane a morto. In soggettiva la telecamera va a finire dentro una tomba: sic(k) transit gloria mundi-movie. A seguire, un super-8 ove un clown meccanico se la ride sopra un cavallo a dondolo, quasi a voler riassumere il mocking del deathumentario e di chi l’ha guardato. Dove Cazazza, tuttavia, non riesce è nell’avere l’ultima parola sul mondo-shock; nell’essere il primo e ultimo ad avere osato il massimo consentito con un prodotto artigianalmente concepito a casa propria: nell’economia di un genere e dei suoi sottoinsiemi, il suo manufatto resterà unico quanto a contaminazioni arty ed estetica guascona, ma sarà anche l’imprinting di un corposo filone che andrà delineandosi con sempre più nettezza e nequizia; di lì a poco l’asse Bougas-Tjserland-Fox da una parte e le peggiori nefandezze del Sol Levante dall’altra, di terrifici prodotti seriali come The Shocks, Death File, Death Woman, Junku o Orozco, obbligheranno il maestro a inchinarsi davanti agli allievi. Allievi che, a domino, verranno a loro volta buttati giù da quel ctonio girone dantesco chiamato deep web, vero e proprio imo di non ritorno per i necromani tutti d’un pezzo.

Monte Cazazza: filmografia irragionevole

  • Revolt 2000 (1974); Monte come Unabomber: lo vediamo incarnare un terrorista dinamitardo che costruisce un ordigno usando un manuale riassunto dal magazine Assassin. Il film è andato perduto dopo la confisca
  • Diary Of A Rubber Slave (1976); andato anch’esso perso
  • Mondo Homo (1976); primo approccio di Cazazza col genere mondo, filmato in segreto al bar-covo gay The Slot, è il primo film a contenere un fist-fuck anale. Confiscato
  • Mystery Movie (co-diretto con Genesis P. Orridge, 1976); un titolo, un perché: non si sa che fine abbia fatto né cosa riguardasse
  • Death Wish (1977); secondo affondo mondo-arty: consiste di una sequel di tv-footage televisivi ri-fotografati e filtrati
  • Black Cat Tea (co-diretto con Mary Quayzar, 1979/80)
  • Behind The Iron Curtain (1980)
  • SXXX-80 (co-diretto con Tana Emmolo Smith, 1980); alla prima del film alcuni spettatori sono svenuti
  • Night Of The Succubus (co-diretto coi Factrix, 1981)
  • Our friends the Siamese Twins; seminario medico sui freaks (vale la stessa nota di SXXX-80)
  • Pierce (con Genesis P-Orridge, 1985); documentario sui piercing
  • Nel 1997 è stato co-protagonista del film di Jon Moritsugu Fame Whore