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Romanzo di Crinale

Autore:
Silvano Scaruffi
Editore:
Neo Edizioni

Il nostro giudizio

C’è un paese, sull’Appennino, una di quelle zone chiamate aree interne, agglomerati di poche case isolati e lontani anni luce per mentalità, stile di vita e dinamiche sociali dalla concezione del mondo che può avere chi abita in città o anche solo in provincia. C’è un paese, e ci sono personaggi strani. Tanti. E tanto strani. C’è Bunga, che si porta appresso il capostipite dei beghi, i vermi, in un grosso barattolo di vetro che rifiuta di mollare. C’è Ginasio, che dorme sotto un albero e vede il futuro. Ci sono Romma e Burasca, due animali da bar stralunati come il resto dei loro compaesani. C’è il Bestio, che vive nel sottosuolo e ha programmi tutti suoi. E c’è la SIO, un’organizzazione grande e non certo benevola che sta costruendo il Parko, che sconvolge gli equilibri di un piccolo universo già scombinato di suo.

Ci sono romanzi che, più di altri, definiscono un catalogo e la poetica di una casa editrice. Romanzo di Crinale, di Silvano Scaruffi, fa esattamente questo, rappresenta Neo Edizioni come una fototessera con il proprio procedere irregolare non senza una direzione tout court, ma con la mentalità secondo cui la struttura di una storia e la direzione che essa prende sono sì importanti ma non troppo, perché la letteratura è anche e soprattutto altro. Ora, c’è un abuso dei concetti di voce, lingua e stile, specie quando si parla di libri che al di fuori della fuffa da dire hanno poco e allora ci si aggrappa a questo appiglio da letterati fighetti perché dire che un libro non vale granché a volte fa brutto. Bene, se vuoi venderti come autore con una voce, beh, la devi avere e questo è proprio il caso. Romanzo di Crinale una voce ce l’ha, con un timbro ben preciso che distingue il libro e lo eleva in senso qualitativo, e per una volta tanto per davvero e non per parlar bene a tutti i costi. Scaruffi scrive impastando una parlata tirata di peso dalla lingua orale, carica di una generosa dose di terra (forse non priva di qualche fungo allucinogeno), dialetto e quel tanto di storto che fa pensare per certi aspetti al Gotico Rurale di Baldini. Una lingua che più di ogni altra tecnica narrativa caratterizza i suoi personaggi, tutti stralunati e tutti memorabili, strani come un insetto mai visto scoperto sollevando una pietra.

Poi sì, le cose succedono, i percorsi s’incrociano e in qualche misura le azioni dei personaggi hanno il loro impatto sulla realtà ma ai sensi della riuscita del libro conta sì e no, perché vada come vada l’esperienza che il lettore fa è caleidoscopica a prescindere e la scrittura è densa, ricca ma non concettosa, a tratti forse ermetica perché Romanzo di Crinale non è esattamente il libro che ti leggi sul treno, i frammenti da tenere insieme sono numerosi ma valgono lo sforzo perché vanno nell’insieme a creare un mondo.