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La casa delle conchiglie

Autore:
Ivo Torello
Editore:
Edizioni Hypnos

Il nostro giudizio

In realtà definirlo horror è un po’ riduttivo: La casa delle conchiglie, seconda fluviale fatica di Ivo Torello (esordiente nel 2012 con Predatori dell’abisso) infatti fonde con consumata abilità romanzo storico – la storia è ambientata nella licenziosa Parigi della seconda metà dell’800 – libertino – il luogo è un bordello, anzi il più lussuoso e ambito dei 1500 all’epoca operanti nella capitale della joie de vivre – e apertamente erotico: nessuna “specialità della casa” ci viene taciuta, anzi tutte ci vengono descritte senza giri di parole, anche se sempre con quella leggiadra ironia da viveur che impedisce al porno di farsi greve. E poi c’è anche l’oscuro, naturalmente: più weird che autentico horror, è legato agli esperimenti occulti della maitresse protagonista, volti a proteggere il suo tempio dell’eros da nemici parimenti esoterici.

Infatti, il conflitto chiave della trama si rivela proprio la contrapposizione fra lo spirito di Marte e quello di Venere messo in scena nell’omonima rappresentazione teatrale al bordello: è l’antica lotta fra la filosofia allegramente anarchica della libertà attraverso la ricerca del piacere e l’appagamento dei sensi interpretata dai numerosi artisti – reali e immaginari che nel romanzo trarranno dalle venustà delle prostitute ispirazione per le proprie opere celebranti la bellezza e il corpo femminile, contrapposta alla filosofia invece costrittiva e punitiva di moralisti e censori, eterni sostenitori di valori “virili” nel senso di guerreschi e oppressivi, su cui inesorabilmente s’incentrano gli strali satirici dell’autore. Fantastico ed erotico sono quindi strettamente legati nella trama e non semplicemente l’uno spezia per “pepare” l’altro, in una brillante vicenda in cui la passione lovecraftiana dell’autore si effonde in citazioni dal mondo del Solitario di Providence e della sua cerchia, evocando i minacciosi pseudobibilion come il Re Giallo di Robert W. Chambers (pure edito da Hypnos) o i Culti innominabili di von Juntz inventati da Robert E. Howard.

Mentre il milieu artistico parigino della fremente epoca che stava per assistere alla “rivoluzione” dell’Impressionismo e poi della fotografia viene reso facendo entrare nel bordello di M.me Sabatière fior d’artisti del calibro di Courbet, Moreau e Bouguerau, perfettamente a loro agio fra quelli scaturiti invece dalla fantasia di Torello e omaggiati di un’appendice illustrata con le opere (reali) che s’immaginano partorite durante le bollenti sedute presso la casa di piacere. Nonostante sia un libro di editore indipendente, ha tutte le carte in regola per diventare un hit da ombrellone (pardon, da boudoir) del 2018.Da leggere ascoltando: la colonna sonora del film Moulin Rouge di Baz Luhrmann, che celebrava lo stesso mondo in salsa di musical.