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Icons of Death – Un viaggio nei primi anni di vita del Death Metal

Autore:
Giuseppe Felice Cassatella
Editore:
SHATTER Edizioni

Il nostro giudizio

L’immaginario horror è da sempre legato a doppio filo al genere metal, sia per le tematiche trattate che per la ricorrente estetica, in diversi sottogeneri estremi accostabile allo splatter, al gore o al demoniaco. E dopo la prima prova della casa editrice vicentina di coniugare in un unico volume entrambe le arti con Assetati di sangue – 45 serial killer allo specchio del cantante dei Sadist Trevor, il marchio indipendente carica il secondo colpo in canna, esploso questa volta dal critico musicale Giuseppe Felice Cassatella, firma di punta sui settoriali, che con Icons of Death – un viaggio nei primi anni di vita del Death Metal ripercorre genesi e sviluppi, in un arco temporale ben preciso (da fine anni Ottanta al 1999), del genere più estremo e violento del panorama musicale Metal. L’autore, cresciuto a pane e (death) metal, dopo una rapida introduzione al volume, lascia immergere l’autore nelle primordiali note di quelli che definisce “atesignani” nel capitolo loro dedicato e che include anche combi prettamente etichettati, a posteriori, come Thrash, Black Thrash o Death Thrash (Slayer, Venom, Celtic Frost e Bathory per citarne alcuni), per poi scandagliare l’analisi secondo le diverse aree di provenienza del sound mortale: U.S.A. e Canada, Scandinavia, Europa centrale e Gran Bretagna, Bacino mediterraneo, Europa dell’Est, America Latina e Asia e Oceania.

All’Italia Cassatella dedica un capitolo a parte, ripercorrendone l’arrivo del genere attraverso le prime band seminali come la triade Bulldozer, Necrodeath e Schizo, ma non solo, sino a quelli che sono stati poi definiti i “padrini” del Death Metal italiano Natron. Ma dal Duomo di Milano al capoluogo pugliese, nell’arco di un migliaio di km, sono altrettante le band che, con tanto di corna in alto e devozione verso i pionieri del sottogenere, suonano riff mortali accompagnati da un growl o screaming il più raccapricciante ed evocativo possibile facendo dello Stivale un’area a se stante per la scena. A chiudere il volume le stesse voci di alcuni protagonisti della scena mondiale che in prima persona narrano il perché della loro dedizione al Death Metal. 400 pagine, scandite da selvaggi blast beat, composte da nomi celebri e meno noti provenienti da ogni angolo del mondo. Solo per uditi ben rodati e metalhead della prima leva. Extreme music for extreme people!