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Fulvio Lucisano. Sotto il segno del cinema

Autore:
Laura Delli Colli
Editore:
Edizioni Sabinae

Il nostro giudizio

Quella dei produttori nel cinema è una categoria praticamente sconosciuta agli appassionati e tra le meno studiate dagli storici del cinema italiano. Il film è un’opera collettiva e l’impronta del produttore è fondamentale e deve essere indagata. Benvenuta quindi l’iniziativa di Laura Delli Colli che con il volume Fulvio Lucisano. Sotto il segno del cinema cura un profilo biografico e professionale di Fulvio Lucisano, forse l’ultimo di quelli che vennero chiamati Capitani Coraggiosi, i grandi produttori che fecero grande il cinema del dopoguerra: Carlo Ponti, Dino De Laurentiis, Alfredo Bini e Franco Cristaldi. Nomi celebri, spesso citati ma sulle cui figure pochi hanno lavorato per studiarne caratteristiche, scelte professionali e artistiche. Nato nel 1928 a Roma, esordisce nel cinema nel 1949 realizzando un documentario sul giubileo. Dopo la collaborazione con l’Istituto Luce e la realizzazione di moltissimi documentari con la Documento Film produce nel 1955 il suo primo film: I quattro del getto tonante di Fernando Cerchio, sceneggiato da Marcello Marchesi e Vittorio Metz. Nel 1958 dopo l’incontro che fu decisivo per la sua carriera con il grande producer Samuel Arkoff (quello della American International Pictures) fonda, con un chiaro riferimento alla società americana, la International Italian Film (IIF). Con la IIF produce fino ad oggi più di 160 lungometraggi orientandosi subito verso i generi. La IIF produsse infatti, oltre a molte commedie, anche alcuni importanti thriller e horror. Qualche esempio? Terrore nello spazio (1965) di Mario Bava, pellicola adorata in tutto il mondo e enormemente influente dal punto di vista delle idee estetiche e di sceneggiatura (lo si è scritto migliaia di volte, ripetiamolo ancora: Alien di Ridley Scott è in sostanza un suo remake).

Un altro titolo: Cosa avete fatto a Solange? (1972) di Massimo Dallamano, gemma tra le gemme del giallo italiano il cui remake sembra sia uno dei prossimi progetti di Nicholas Winding Refn. Di Dallamano, sempre realizzato dalla IIF, ricordiamo con grande piacere anche le dense atmosfere de Il medaglione insanguinato (1975). Andiamo avanti: Aragosta a colazione (1979) di Giorgio Capitani, uno dei migliori Montesano alle prese con peripezie slapstick. Altro Montesano indimenticabile è Un amore in prima classe di Salvatore Samperi con la stupenda Sylvia Kristel che ci offre la sua bellezza senza parsimonia. Nello stesso anno e sempre con Montesano, per la regia di Pasquale Festa Campanile (straordinario autore di cui si dovrebbe scrivere e vedere di più), Lucisano produsse Il ladrone (1980). Nel cast una Fenech come sempre iper-desiderabile e un Claudio Cassinelli nella parte Gesù. Si potrebbe andare avanti scoprendo, nella grande library della IIF un Wertmüller del 1985 con Harvey Keitel e Ángela Molina (Un complicato intrigo di donne, vicoli e delitti) o Tre tigri contro tre tigri (1977) di Steno e Corbucci, Il ras del quartiere (1983) di Carlo Vanzina con Abatantuono sul limitare della “svolta” da attore drammatico. Fu sempre molto forte, per Lucisano, il rapporto con gli USA. Fin dai giorni in cui da ragazzo intraprendente scappò di casa per lavorare come interprete per l’esercito americano, il fascino per il nuovo mondo fu tra le ragioni della sua avventura cinematografica. Ed è naturale quindi che, date le conoscenze personali e la facilità della lingua inglese, si sia instaurata una collaborazione con la American International Pictures prima e con la Cannon di Menahem Golan e Yoram Globus poi.

Lucisano, infatti, fin dagli anni sessanta si occupa di diffondere nei cinema una serie di film di genere senza i quali noi italiani saremmo stati davvero più poveri. Possono bastare cult come il dittico di Robert Fuest con Vincent Price di L’abominevole Dr Phibes (1971) e Frustrazione (1972) o l’horror Wilard e i topi (1971)? Over the top (1987) e la serie degli American Ninja (a partire dal 1985)? Alcuni tra i grandi film di Corman come Il pozzo e il pendolo (1961) e L’uomo dagli occhi a raggi X (1963) o lo splatter di Jeff Lieberman I carnivori venuti dalla savana (1976)? E non ho citato i film sexy con Scattini, le altre collaborazioni con Bava e Franco e Ciccio (Le spie che vengono dal semifreddo) o con Grimaldi e Buzzanca (ne La prima notte del Dottor Danieli… appare pure il produttore in persona). Molti furono grandi successi e il fiuto di Lucisano rimase sempre grande, anche nel decennio ‘80, quello della vera crisi del cinema italiano in cui fece esordire, per esempio, con grande intuito, Massimo Troisi.

Tra i flop, inevitabili, ricordiamo L’estate sta finendo di Contini, un tentativo di trasformare in genere un prototipo irripetibile come Sapore di sale. Ad oggi sono più di 400 le pellicole distribuite e i gioiellini sono tanti anche se col tempo la scelta si è spostata maggiormente sui film d’autore o sul mainstream hollywoodiano o internazionale (Thelma e Louise, Quattro matrimoni e un funerale). Nella produzione, in anni più recenti, i nomi di punta sono stati Fausto Brizzi o Edoardo Leo. Ma i confronti col passato sono ingenerosi, l’epoca d’oro è alle nostre spalle, è cambiata l’Italia e con essa il suo cinema. Ora Lucisano produce moltissima fiction, lo spirito che aleggiava nei ‘70 non c’è più e non è certo colpa del produttore… Ma non dimentichiamocelo, la IIF ha “scoperto” e distribuito per primo Nicholas Winding Refn con Drive e di questo dobbiamo ringraziarlo anche noi di Nocturno. Insomma, Fulvio Lucisano. Sotto il segno del cinema è un libro che andava fatto, con una prima parte biografica e con una seconda parte illustrata con 60 locandine originali a colori ben riprodotte di film prodotti e distribuiti, con brevi commenti di attori o registi. Forse un volume troppo celebrativo? Beh, un omaggio Lucisano se lo meritava in ogni caso, per i suoi novant’anni e i sessant’anni di carriera. È qualcosa che merita lui che è vivo ma meriterebbero anche altri produttori del passato già scomparsi. Insomma, un libro che andava fatto ma, cari studiosi di cinema (sempre che esistiate), c’è ancora tanto da lavorare!