LFF Lamezia Film Fest

La Mostra che porta bene
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Quale modo migliore per iniziare l’anno se non con un bel premio? Dal 2 al 4 gennaio, a Lamezia Terme, il cinema ha fatto festa: con la Mostra del Cinema (LFF, Lamezia Film Fest) per la terza volta sono stati premiati gli esordi più importanti del cinema italiano. E per importanza si intende non solo quella prettamente cinefila, ma anche quella opere che hanno lasciato un segno nella cultura e nella società. Imprescindibile allora la presenza di Lou Castel, premiato con la Ligeia 2017 per il suo I Pugni In Tasca di un allora giovanissimo Marco Bellocchio; un film, e un’interpretazione, che inequivocabilmente hanno segnato chi l’ha visto e chi l’ha fatto. Lou Castel, sul palco con l’ideatore della rassegna e Direttore Artistico GianLorenzo Franzì (firma “storica” ben nota ai nocturniani, visto che è dei nostri dal 2007), si è raccontato e ha raccontato come Bellocchio, all’epoca, fosse già un regista lucidissimo, con una sua idea di cinema e di arte legata alla politica intesa, però, come profondo senso sociale. Castel è adesso un tranquillissimo settantenne, ma nel 1965 era un inquieto ventiduenne con un luminoso futuro davanti: dopo Bellocchio un percorso in salita, perché ha lavorato con Monicelli, Samperi, Lizzani, Damiani, Wenders, Fassbinder, Chabrol, per una filmografia densa 140 film.

Altra storia ma stesso peso specifico quello di Mimmo Calopresti, secondo premiato al LFF 3 per l’esordio insieme al sodale Moretti (con l’intenso La Seconda Volta): anche per lui un cinema d’impegno, che però ha sempre cercato, riuscendo, di coniugare pubblico e privato, per mostrare come l’uno influisca e interferisca nell’altro, in un gioco delle parti incessante che scopre l’intimo per farlo divenire universale. Dopo l’opera prima, infatti, Calopresti ha seguito un percorso fortemente personale, che ha fatto di lui, insieme forse a Giuseppe Piccioni (diversissimo, per altro), uno dei registi italiani meno derivativi e più “isolati” di tutti, con percorsi ben definiti ma lontanissimi da qualsiasi accostamento autorale: Preferisco il rumore del mare, La parola Amore esiste, L’abbuffata, sono titoli che probabilmente anche grazie ai loro interpreti (su tutti: Valeria Bruni Tedeschi, già da allora straordinaria) si sedimentano dentro e non se ne vanno, per uno sguardo, un sussulto, una vibrazione sommessa dell’anima.

Terza e ultima ma non ultima, riceve il premio Matilda De Angelis, a Lamezia direttamente dopo essere stata la madrina al Roma Fiction Fest: una consacrazione sacrosanta, per un’attrice dotatissima ma soprattutto espressione di un nuovo cinema italiano (quello di Veloce come il vento di Rovere, blockbuster d’autore di cui è protagonista esordiente) che finalmente non solo riesuma i generi, ma li innerva di brividi attuali, li aggiorna e li declina con gusto per l’immagine postmoderno. Due note: Matilda (20 anni) e Lou (73) si sono ritrovati, nel “dopofestival”, in un locale del centro sponsor della bella Mostra, incrociando la loro voglia di vita in un improvviso e improvvisato live acustico solo voce e chitarra (non dimentichiamo che la bella attrice bolognese ha iniziato come cantante nel gruppo Rumba De Bodas).

Poi, premio morale agli organizzatori per il successo della sezione “Visioni Nocturne”, che a partire dalle 23.30 per due giorni ha proposto titoli coraggiosi per un pubblico mainstream come L’Ultimo treno della notte, The Vvitch, Zombi e Bone Tomhawak, che hanno vinto con diverse presenze in sala fino alle 3 di notte, in controtendenza per un trend che vede la desertificazione dei cinema di città. Curatore della rassegna, Marco Cacioppo, anche lui “diversamente noto” per i nostri cari lettori, colonna portante della rivista cartacea. E per finire: un applauso, a questa piccola Mostra (che Calopresti ha ribattezzato “la Mostra che porta bene”, essendo la prima dell’anno) e a chi per il suo tramite ha saputo e voluto portare più di 1000 persone in tre giorni dentro un cinema di città, in una città che, pur se viva e popolosa, come tutte le realtà italiane vede inesorabile un lento flusso migratorio verso i multisala. E non è poco.