Intervista Alex De La Iglesia

Roma, 2013
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Witching & Bitching sembra un ritorno al tuo cinema degli esordi, caratterizzato com’è da quell’incredibile mix di ironia, violenza e azione. Il tutto, però, ricostruito con una tecnica che è maturata nel corso degli anni. Ci parli di questo tuo nuovo film e di questo tuo ricollegarti alle origini?

Beh, questo tornare indietro alle origini sarebbe un po’ come dire che me ne sono andato e che mi sono assentato sia come persona che come regista e quindi che alcuni miei film li abbia fatti un falsario o un usurpatore. Non credo che sia così, anzi sono molto orgoglioso dei film che ho fatto in questi ultimi anni. Se però bisogna proprio parlare di un ritorno alle origini, o più che altro di un desiderio di voler tornare a dire quello che effettivamente uno pensa, allora questa inversione di rotta è avvenuta a partire da La ballata dell’odio e dell’amore. Sono proprio tornato con quel film perché avevo il folle desiderio di esprimermi senza veli e senza remore. Proprio come ai vecchi tempi. Anche della Chispa de la vida sono ugualmente orgoglioso, anche se è più che altro un film su commissione perché la sceneggiatura non l’avevo scritta io. Per cui se dobbiamo parlare di un ritorno questo è rappresentato da La ballata dell’odio e dell’amore.

Witching & Bitching ha uno degli incipit più folgoranti degli ultimi anni. Non capita tutti i giorni di vedere una rapina in cui si prende a pallettonate la polizia come in questo film. È un incipit davvero geniale e il film è montato come un De Palma in acido.

Suppongo che vi stiate riferendo alla trovata di Cristo che assalta la banca. Beh era un’idea che mi ronzava per la testa già da venti anni. Dovete sapere che a quel tempo avevo scritto un film che si intitolava Yo quiero tener un milion de amigos. La sceneggiatura era talmente folle che non ho trovato nessuno disposto a produrlo. Avrei dovuto girare Yo quiero tener un milion de amigos prima di El dia de la bestia. Mi piace raccontarvelo perché proprio come i Cavalieri della Tavola Rotonda cercavano il Sacro Graal io da sempre cerco di fare la commedia chimicamente perfetta, ovvero una commedia che sia soltanto risate e ultraviolenza, una forma di annichilimento costante. Quanto darei per riuscire ad arrivare a quest’opera chimica di pura idiozia, dove non ci sia neanche il tempo di stare a pensare o capire quel che succede. Non è un caso quindi se tutti questi elementi di commedia presenti in Witching & Bitching li ho usati in tutti gli altri miei film. Nell’idea originaria di Yo quiero tener un milion de amigos dopo i titoli di testa si vedeva una processione della Settimana Santa e prima dei titoli un funerale. Forse un giorno questo film lo girerò. Comunque, durante questa processione, Cristo scendeva dalla croce, tirava fuori una mitragliatrice ed entrava in una banca inziando a sparare. Nel frattempo arrivava un camion pieno di bare con dentro cadaveri riempiti di cocaina. Intente a inseguire questo camion, invece, cinque vedove che sono in realtà cinque streghe. Vedete come poi le cose ritornano? Queste donne lo inseguono impazzite perché trasporta i loro mariti morti dopo che gli sono stati sottratti i cadaveri. Inserendo le streghe in Witching & Bitching ho voluto quindi in parte recuperare l’idea di quel film, però trasponendola in un contesto diverso.

Zugarramurdi è un luogo esistente o inventato?

Zugarramurdi è un paese della regione di Navara che è stato un chiodo fisso nella mia testa e del mio sceneggiatore Jorge Guerricaechevarría. è un po’ l’equivalente di Salem negli Stati Uniti. A cento metri da questo paese c’è la grotta dove effettivamente abbiamo girato il film, che è quella reale dove avvenivano i cosiddetti aquelarre, un particolare tipo di sabba dove le streghe si riunivano per celebrare le orge. Si sono svolti per secoli tutte le settimane, dal Quindicesimo al Diciottesimo secolo, con qualche interruzione a causa delle sporadiche incursioni da parte dell’Inquisizione. Nel Diciannovesimo secolo lo scrittore Pio Baroja ha raccontato l’aquelarre più famoso di tutti, quello relativo al processo di Logroño in cui, per una questione di invidie e gelosia tra i paesi di Urdax e Zugarramurdi, alcune persone di Urdax denunciarono gli abitanti di Zugarramurdi come coloro che avevano propiziato queste invocazioni sataniche. Vennero interrogate quattromila persone, che in buona sostanza vuol dire tutto il paese.

Perfino nei dintorni, a Bajona nel sud della Francia, perché gli aquelarre si svolgevano anche lungo le zone costiere della Francia al confine con la Spagna. Fa ridere perché in realtà la gente più assennata e tranquilla erano proprio gli inquisitori, i Gesuiti. Dagli atti processuali si vede proprio come fossero gli inquisitori gesuiti a non voler incolpare nessuno, arrivando a supplicare queste signore di confessare che non avevano fatto niente e che la storia delle invocazioni sataniche era solo una stupidaggine bella e buona. Invece no, tutti hanno continuato a denunciarsi a vicenda dicendo che a invocare il diavolo era stata quella tizia piuttosto che un’altra. Quindi alla fine gli inquisitori furono costretti a condannare qualcuno. Quindici persone su quattromila sono risultate colpevoli, poca cosa se pensiamo che in Germania, famosa per il suo popolo riflessivo e terra natale di Hegel e di Kant, ne hanno passate di cotte e di crude. Alla fine ne sono morte sei. Credo.

Ma qual è l’aspetto che ti ha fatto veramente propendere per fare un film sulle streghe?

Ci faceva impazzire l’idea che il concetto di strega fosse nato proprio da questo e altri processi simili dove si legge che le streghe montavano a cavallo di una scopa e volavano via. Se leggi il testo di questi processi ti rendi conto del perché le streghe volassero sulle scope. Le streghe infatti erano solite preparare un particolare impasto di crema estraendo il veleno dalle rane. Sfregavano la pelle dei rospi e facevano uscire questa sostanza che, mescolata ad altre sostanze velenose come l’amanita muscaria o l’aconito, creava una miscela psicotropa molto simile all’acido lisergico. Siccome questa sostanza non la si poteva né bere né ingerire, se la spalmavano sulla pelle e sulle zone più sensibili del corpo, per cui vuol dire sotto le ascelle, sulle tette o sulla fica.

Non me lo sto inventando! è proprio così, antropologicamente riconosciuto. Siccome il miglior modo per passarsi sul corpo questa crema era aiutandosi col bastone della scopa, ovviamente il momento di maggior eccitazione ed estasi era quando con la scopa… “volavano via”, non so se mi spiego. Ecco perché quando si raggiungeva il massimo dell’allucinazione, si poteva anche volare. Ed è questo il motivo che spiega come mai le streghe volano. Diciamo però che trattare l’argomento in questi termini sarebbe stato un po’ pesante e pretenzioso e così abbiamo preferito raccontare la storia in chiave di commedia.

Nei tuoi film la rappresentazione dei rapporti è sempre un po’ complicata. Mi vengono in mente i due amici di Muertos de risas o gli inquilini di La comunidad. In Witching & Bitching questa disfunzionalità coinvolge i rapporti uomo e donna, con la donna vista come entità castrante. Anche se poi alla fine è lei a salvare il mondo, tutti gli uomini hanno dei rapporti un po’ difficili con le loro donne.

Sì perché di fatto vivere è impossibile ed è impossibile avere delle relazioni normali con la gente. Fingiamo tutti. Fingiamo di avere delle relazioni normali, fingiamo di essere amici quando invece è assodato che tra gli esseri umani prevalgano le invidie, le gelosie, l’avidità, la brama. Quindi vivere vuol dire mentire costantemente e ingannare ogni giorno. Per esempio, se incontri in ascensore un vicino, gli vorresti dire ti odio. Te e tutto quello che rappresenti. Facciamo finta di conoscerci quando in realtà non ci siamo mai sopportati. Odio quello che pensi, quello che fai, odio il tuo odore perché puzzi. E invece cosa gli dico? Buongiorno, ha visto che anche oggi piove? Speriamo che però domani torni il sole.

È l’educazione che ci impedisce di ucciderci a vicenda, altrimenti ci ammazzeremmo tutti, capisco che sia necessario. Per fortuna ci sono i film con cui posso raccontare la verità. Lo sappiamo tutti, in fondo. Siamo degli animali e in quanto tali cerchiamo di difenderci, noi, le nostre famiglie e le persone che abbiamo più care. Eppure alle stesse persone che abbiamo più care cerchiamo sempre di portare via la moglie, i soldi, il lavoro, tutto quello che hanno e che a noi manca. È proprio da questo istinto alla prevaricazione che nascono i film, la cultura, il teatro, il lavoro, insomma, tutto quello che facciamo. Non è essere ipocriti, è un fatto di cui tutti siamo ben consapevoli.

E l’amore?

L’amore non è altro se non il tentativo di tornare all’utero materno. Quando nasci dipendi dalla donna che ti ha generato e quindi cerchi di starle vicino. Poi quando cresci diventi adulto e ovviamente smetti di cercare l’utero di tua madre. Ne cerchi un altro, in cui entrare e in cui tornare. L’amore quindi è un altro ritorno, un ritorno verso l’interno. Con l’amore noi cerchiamo noi stessi negli altri. È un atto d’egoismo. Cerchi te stesso in un altro, ovvero in qualcuno che possa soddisfare appieno tutti i tuoi bisogni e che si confaccia per affinità o per diretta opposizione. Nell’altro cerchi il tuo modello. Sono questi i fattori che predominano, un egoismo assoluto, un desiderio di sopravvivenza e un ritorno all’origine perché è nell’utero materno l’unico posto dove probabilmente siamo stati davvero felici. Infatti se ci pensate è da quel momento che tutto ha iniziato ad andare a puttane. Non è molto cinematografico, è più che altro un’opinione personale, ma credo che spieghi un po’ quello che mi avete chiesto e il fondamento dei miei film. Se i miei personaggi vivono in un costante conflitto è perché così va il mondo.

Il tuo cinema è così personale, inimitabile e facilmente riconoscibile. Come riesci a coniugare così liberamente il rigore dei rimandi interni e la schizofrenia così gioiosa che contraddistinguono i tuoi film?

Posso rispondere pensando a me o a quello che vedo guardandomi intorno. Per quanto mi riguarda il modo in cui tu descrivi il mio cinema corrisponde a come sono e a quello che ho vissuto. Esisteva già. L’originalità non esiste, come non esiste la capacità di innovazione pura. Sono menzogne, falsità. Quello che possiamo fare è solo combinare bene insieme gli elementi che ci vengono dati. Di fatto siamo dei barman la cui più grande ispirazione è quella di preparare degli ottimi cocktail. Tutto il resto è una grande stronzata. Recentemente ho tenuto una conferenza in Colombia sul cinema dove ho parlato del concetto di innovazione e se sia ancora possibile produrre un testo originale. Il titolo di questo mio intervento era “Ricordi del futuro”. L’assunto è che possiamo partire da idee che per noi sono interessanti e attraenti e idee che tra loro si oppongono. In questo modo si crea una tensione che fa sì che si crei una forza che le sostiene. Sono talmente antagoniste che si sostengono a vicenda. Se invece questa lotta non c’è, allora la tensione cade e non stanno insieme. È da questa tensione che nasce una possibile sceneggiatura. Questa unione tra forze opposte potrebbe sembrare qualcosa di nuovo ma in realtà è soltanto un ricordo. Bisogna guardare avanti e andare indietro.

Possiamo essere d’accordo quando dici che un buon film equivale a un buon cocktail, però quando nel 1993 hai realizzato Azione mutante in Spagna non c’era nulla di simile. Sono veramente curioso di sapere come sei arrivato a dirigere questo film così atipico attraverso anche l’incontro con Pedro Almodóvar.

Sì, ci sono riuscito grazie proprio a Pedro. Quando mi ha conosciuto io gli ho fatto vedere un corto, Mirindas asesinas, che era un film veramente demenziale. L’ho girato senza audio e quando l’ho montato ho fatto io tutte le voci, comprese le musiche. Davanti a quel film lui deve aver pensato: o questo tizio vuol fare davvero cinema oppure è un perfetto imbecille. Per fortuna ha optato per la prima ipotesi. Così mi ha proposto di scrivere, qualcosa, qualsiasi cosa, dicendo che ne avremmo fatto un film. Messa così se ci avesse proposto di scrivere un film sui panda l’avremmo fatto comunque, così come uno sulla psicanalisi in Crimea. Grazie a Dio, invece, ci ha dato carta bianca. Pedro ci ha seguito da vicino. Si metteva lì e di fronte a scene un po’ bizzare ci chiedeva se veramente ci piacevano e avevamo intenzione di realizzarle nel modo che avevamo in mente. Aveva la classica espressione di chi dentro di sé considera qualcosa proprio una merda. E noi a dirgli, aspetta Pedro, vedrai che ti piacerà! Se io invece fossi crollato, probabilmente mi avrebbe cacciato via. Meno male che ho tirato dritto e alla fine ce l’abbiamo fatta.