Intervista ad Alessandro Valenti

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Tutti conoscono Alessandro Valenti e i suoi tanti successi, ci parli un po’ dell’uomo Alessandro e dei suoi sogni.
C’è un sogno che, in qualche maniera, mi visita ogni giorno ed è quello di poter contribuire, con il cinema, a costruire un mondo migliore. Con questo film che stiamo girando e che si chiama Oltre il confine, prodotto da Rai cinema e Artè, con il contributo fondamentale di Save The Children, stiamo cercando di dare un forte impatto sociale, prendendo dall’Africa sia bambini che letteralmente vivono in strada che operatori cinematografici da formare e inserire nel mondo del cinema. Dunque non esaurire l’esperienza cinematografica nel film ,ma costruire un film che inserisca anche tanti elementi sociali.

Quando e come nasce l’idea di organizzare un evento così importante sul Cinema francese?
Il Festival del Cinema Francese ha proprio una sua nascita, un giorno preciso, perché è nato quando io presentai a Parigi In grazia di Dio. In quell’occasione un giornalista mi chiese come mai in Italia non ci fossero tanti festival di cinema ma solo rassegne. Così decisi di creare questo Festival con una sua specificità e unicità, di proiettare film non distribuiti e mai visti prima in Italia. Siamo orgogliosi di aver presentato in questi anni in anteprima nazionale due film Felicitè di Gomis e Le douleur di Finkiel che poi sono stati candidati all’Oscar.

La Francia, rispetto all’Italia , protegge di più il cinema di ricerca, il cortometraggio o il documentario?
Quello francese è un sistema che dovrebbe essere copiato. Il problema in Italia non è la produzione ma la distribuzione, perché abbiamo film che vengono prodotti ma poi non arrivano in sala. Ci manca un pubblico ,che va costruito e formato. Bisognerebbe pertanto insegnare storia del cinema nelle scuole e obbligare gli esercenti a tenere di più i film italiani in sala, cercando poi di finanziare il cinema di ricerca e non solo quello commerciale. Attualmente infatti vengono finanziati i film che hanno tanta popolarità, perché l’imprenditore comprende che ci sarà un ritorno economico. Bisognerebbe altresì finanziare quelli che in realtà maggiormente necessitano di sostegno economico ,cioè i film indipendenti e di ricerca, quelli che sono più coraggiosi. Ecco dunque, io penso che dalla Francia dovremmo copiare la tutela che c’è per il cinema.

Per l’Unifrance, l’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti, ma per l’Italia è un vantaggio o un impigrimento?
L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti, quello che attraverso il Festival Vive le Cinèma sta cercando di fare e creare luoghi d’incontro e di confronto . L’Italia non può rappresentare uno dei migliori mercati così. Si deve costruire una relazione. Noi, ad esempio, ogni anno invitiamo registi e produttori in Puglia e li stimoliamo a girare qui. L’anno prossimo, ad esempio, il film di Drumont verrà girato qui a Lecce. Questa è un opportunità enorme e quest’anno abbiamo avuto il produttore Bréhat. L’anno prossimo saremo onorati della presenza del regista.

Cosa fa l’Italia per proteggere la propria industria culturale?
Questa è una grande opportunità di crescita e di sviluppo per il nostro territorio. L’Italia non ha ancora capito che l’industria culturale è una di quelle cose veramente importanti da tutelare. C’è questo grande pregiudizio che la cultura sia un aspetto artistico e non faccia crescere il territorio. In realtà girare un film anche di una piccola
produzione come il mio, in una zona come Lecce, significa mettere in moto un mondo fatto di professionisti e assumere cuochi, avvocati, commercialisti, fonici ecc.ecc. Un festival come Vive le Cinèma che vede la presenza di giornalisti , attori, registi , interpreti mette in movimento un intero sistema occupazionale e lo fa in maniera
trasversale.Il Festival poi è un grande richiamo per tutti, non ultimi i giovani studenti che decidono di prenderne parte come staff e di viverlo come momento di crescita e di confronto. Io francamente penso che l’Italia dovrebbe investire di più su queste manifestazioni, perché l’industria culturale porta crescita , porta soldi e non inquina.

La politica culturale di Macron ha apportato delle novità sull’impianto legislativo del Cinema Francese e la politica culturale italiana?
Il cinema francese ha una struttura un po’ diversa dalla nostra perché non è finanziato dallo Stato ma dalle televisioni. C’è un fondo legato al cinema ed è tenuto in vita dalle televisioni e dagli incassi di tutti i film. Questo consente di avere una maggiore elasticità, una minore burocrazia per accedere ai fondi e quindi avere più soldi. Poi c’è Cinema du Monde che produce film di tutto il mondo. Anni fa, ad esempio, fu candidato all’Oscar un film Turco Mustang. Fu candidato come film francese, solo perché la Francia lo aveva prodotto. In Italia se un film non è parlato per la gran parte in italiano e non sottostà a determinate caratteristiche non può neppure accedere ai fondi della Rai o del Ministero. Quindi una grossa differenza; lo definirei un “provincialismo suicida”, perché vuol dire chiudersi in un recinto opprimente e identitario.

Come spiega il grande successo di quest’anno, nonostante il brutto tempo? Una buona organizzazione o un crescendo fisiologico?
Il successo di quest’anno è stato veramente legato a una incredibile organizzazione. Abbiamo avuto un gruppo di persone pazzescamente motivate, perché si sentiva che amavano il cinema e lo facevano con entusiasmo.Questo ci ha permesso di affrontare difficoltà incredibili e di risolverle. Come la pioggia torrenziale il giorno dell’inaugurazione, il disastro si è trasformato in opportunità ed è stato meraviglioso riuscire ad accogliere tante persone. Perché infondo quello che noi cerchiamo di fare non è un festival ma un luogo d’incontro dove conoscersi e insieme sognare di fare un nuovo cinema.

Quali sono, secondo lei, i cineasti più interessanti della nuova generazione? E quali pensa di invitare per il prossimo anno?
Ritengo che ci sia una bella nuova generazione di cineasti, ad esempio Leonardo Guerra Seragnoli un regista con cui ho lavorato. Adesso sta girando Gli indifferenti. Un altro regista molto interessante attualmente è Sebastiano Riso. Per il prossimo anno mi piacerebbe invitare la regista Rohrwacher e farla conoscere
sul nostro territorio .

Attualmente cosa ci accomuna al Cinema Francese?
Noi ci sentiamo italiani quando siamo in Europa ed europei quando siamo in America perché ci sentiamo accomunati da molte cose. Con i francesi abbiamo in comune tanti autori interessanti, ma ciò che ci accomuna davvero è il tempo, una dilatazione del tempo nello spiegare una storia. Più che il plot ciò che interessa è lo svelamento dei personaggi e la loro psicologia .

Lecce sta a Firenze come Vive le Cinéma sta a France Odeon?
Il Festival France Odeon è stato il nostro ispiratore perché abbiamo deciso di attivare il nostro Festival proprio perché loro avevano cessato di farlo. Al Festival di Firenze siamo debitori e ne sono molto felice perché non volevamo che morisse questa corrispondenza tra l’Italia e la Francia.

Riusciremo ad essere competitivi come la Francia?
Io penso che abbiamo delle grandi potenzialità. Parlandone col mio amico Angelo Laudisa, produttore francese, l’Italia non ha autori meno bravi di quelli francesi, è solo che la Francia li supporta meglio. La Francia è la terza industria cinematografica mondiale dopo gli Stati Uniti e l’India. Ma la Francia è molto supportata. Questa è la vera e sostanziale differenza: essere supportati in quanto autori dall’industria cinematografica.

Lei quando parla utilizza spesso il noi, ma chi è o sono l’/ gli ideatore/i di Vive le Cinéma?
Sì, è un io che diventa noi ,perché è composto oltre che da me, dalla Dott.ssa Brizia Minervini e dal produttore Angelo Laudisa.