Intervista a Terry Gilliam

Il regista racconta la tormentata gestazione del suo Don Quixote
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Abbiamo incontrato Terry Gilliam al FilmFest München 2018, Il festival di Monaco secondo per importanza solo a Berlino, dove il regista ha ricevuto il premio Cinemerit alla carriera e ha presentato in anteprima la sua ultima, è proprio il caso di dirlo, fatica cinematografica. Anche il titolo dell’evento che lo ha visto ospite, Against all Odds, contro ogni probabilità, (sarà lui stesso a citare simpaticamente l’omonima canzone di Phil Collins), fa riferimento alla lunghissima (oltre vent’anni) e tormentata genesi del lungometraggio The Man Who Killed Don Quixote. Ma l’intervista parte dalla carriera iniziale di Gilliam, e dai suoi successi con i Monty Python.

In quanto membro del team dei Monty Python, cosa vuol dire per te essere qui a Monaco di Baviera?

Per me significa tornare indietro nel tempo, agli anni dei primi successi con i Monty Python che mi hanno portato per ben due volte a girare in questa città.

Tu sei qui per presentare  il tuo ultimo film ed è inevitabile per noi parlare della tua battaglia persa, di recente, sui diritti di esso. Cosa ti senti di dirci in proposito?

In realtà questo film doveva avere il sottotitolo Mein Kampf, la mia battaglia, come il famoso libro tedesco (ride nel citare).

A che cosa è stata dovuta l’estrema  lunghezza della durata di realizzazione di questo film?

A dire il vero, non era nelle mie intenzioni. Ma diverse motivazioni, tra cui non da ultima quella economica, mi hanno costretto a riscrivere la sceneggiatura infinite volte.

Come sei arrivato alla scelta degli attori, la coppia Adam Driver – Jonathan Pryce?

Nel corso dei decenni la scelta degli attori protagonisti è cambiata diverse volte, vuoi per motivi di budget, vuoi anche per cambiamenti negli impegni degli attori o addirittura problemi di salute. Tra i nomi più altisonanti c’erano stati quelli di Johnny Depp e Ewan McGregor per la parte di Toby Grisoni/Sancho e quelli di Robert Duvall e John Hurt per quella di Don Chisciotte. Poi la scelta finale su Adam Driver e Jonathan Pryce è stata  quella vincente. (Gilliam  ironizza sul fatto che Driver piacesse a sua figlia in quanto membro del cast di Star Wars e quindi spendibile sul mercato, e Pryce fosse tutto sommato sul viale del tramonto e quindi meno caro).

Nei tuoi film la notte sembra avere un ruolo importante. Da dove deriva questa tua predilezione?

Dalla mia infanzia nel Minnesota, in un luogo noioso dove nulla accadeva e dove la notte era il luogo per sognare e fantasticare un altrove al suono della radio. Io e la radio. Robin Williams è un attore che ha saputo recitare in maniera eccezionale un ruolo da notturno.

 Un’ altra costante dei tuoi film sembra essere il sogno. Cosa puoi dirci in proposito?

Per anni ho pensato di non essere normale, ma poi ho capito che per me i sogni sono la normalità, se non sognassi mi preoccuperei, non potrei considerare il mondo soltanto considerando QUI e ORA. Il sogno invece può far tornare grande l’ America, far annullare la Brexit…

Tornando a Don Chisciotte: il cambio continuo degli attori ha determinato  un cambiamento della sceneggiatura?

Solo nel senso che ogni attore cambia la sceneggiatura sempre con la sua personale interpretazione, ma mai rendendo necessaria una effettiva necessità di variazioni nel copione.

Per concludere: il tuo modo cosi artigianale di lavorare sulle sceneggiature, quasi manuale , da dove deriva?

Beh, mio padre era un carpentiere….

Gilliam sprofonda  in un ennesimo sorriso pieno di ironia e gioia di vivere.