Intervista a Raffaele Schettino

A colloquio con l'autore di Il mondo magico
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Ho incontrato Raffaele Schettino al neonato Ferrara Film Festival, durante il quale ha presentato la prima italiana del suo lungometraggio Il mondo magico. Un film che pure avendo un protagonista, è un’opera corale in quanto il regista dà rilievo a più personaggi. Il mondo magico può ricordare, a tratti, L’albero degli zoccoli di Olmi o certi film di Pupi Avati. Un genere, se di genere vogliamo parlare, che non viene preso più in considerazione dalla cinematografia nazionale.

Raffaele, mi ha colpito l’ambientazione del tuo film nelle campagne italiane. Hai toccato un passato recente, è particolare come opera prima: se dovessi obbligatoriamente accomunare Il mondo magico a un genere, come lo inquadreresti?

Penso che la definizione più adatta sia dramedy storico, intendendo che questo mio primo film è un “ponte” tra la commedia e il dramma e che ha anche una sua particolare collocazione storica, in quanto è ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale fino ad arrivare agli anni ’50 compresi, coprendo circa vent’anni di storia italiana.

Qual è la tua formazione a livello di studi, per capire come sei arrivato a un dramedy storico, che come dicevamo, è una scelta inusuale per un’opera prima?

Parto da studi classici frequentando il liceo, per poi passare a economia politica, vinsi anche un dottorato di ricerca in economia, poi nel mio cammino ho incontrato l’Odin Teatret del regista Eugenio Barba e ho cambiato strada frequentando un post-dottorato di ricerca all’Università Federale di Bahia (Brasile) in arte scenica. Ho frequentato anche diversi seminari con l’attore Augusto Omulù con cui collaboro dal 2003 sempre della Compagnia Odin Teatret: credo sia stato questo mio interesse per il Teatro che mi ha portato a questa scelta di dare molto spazio agli attori e non ad esempio a effetti speciali o altro.

Quindi in età già adulta hai decisamente “cambiato rotta” e ti sei dedicato al teatro; ma ti sei dedicato anche ad altro nell’ambito dell’arte e dello spettacolo?

Si mi sono “innamorato” del Teatro e della recitazione e studiavo già pianoforte e chitarra blues, una cosa porta all’altra e così ho cominciato ad approcciarmi anche alla fotografia di scena grazie a un altro incontro con Tony d’Urso (fotografo di scena della Compagnia danese Odin Teatret) e da lì per una mia voglia di crescere ho cominciato a girare anche dei video e di seguito dei corti. Nel frattempo sono diventato direttore artistico della compagnia teatrale “Groucho Teatro” e di seguito ho fondato la compagnia cinematografica indipendente “Groucho Cinema”. Canto anche nei “Dead Flower” che è un gruppo di studio sui Rolling Stone. Unendo fotografia, video e audio, grazie anche a Giovanna Marini che è dal 2009 la mia insegnante di canto popolare alla scuola di Testaccio di Roma (la Città dove vivo e sono nato), con questi tre elementi, fotografia, video e audio appunto, sono arrivato al bisogno di realizzare Il mondo magico.

Effettivamente Il mondo magico si potrebbe definire anche un “quasi” film musicale, in quanto vi sono diverse parti cantate, cosa ne pensi?

Esatto, perché il film copre tre zone d’Italia: Lombardia, Campania e Umbria e il fil rouge che unisce queste tre zone è il canto di tradizione orale, il rito dello stare insieme, che è il canto della tradizione contadina. I contadini se la “facevano passare” mentre lavoravano “insieme” ai loro canti di “non lavoro” e c’era un senso d’unione in questa usanza. Sono tutti canti di “non lavoro” perché raccontano delle storie contadine che si tramandavano solo oralmente.

I protagonisti di Il mondo magico sono molto “veri”: come hai ottenuto questo effetto?

Sono cosi veri perché a parte me e Mara Calcagni (Mariella) sono tutte persone reali, prese il loco, su cui ho fatto un grosso lavoro di preparazione a livello di casting e di regia. Questo penso possa spiegare i tre anni che sono passati tra la pre-produzione e la post-produzione. Forse il motivo è anche perché la storia è vera ed è la storia di Giacomo Ciampi; soldato italiano che dopo la Campagna di Russia, è stato rimpatriato nel 1942, ha deciso di disertare perché, compresi gli orrori della guerra non riuscì a farsene una ragione.

Perché hai quindi raccontato la storia di Giacomo Ciampi?  Il motivo per cui hai sentito quest’esigenza?

Ero a tavola con i miei genitori, sono venuti fuori i trascorsi di Ciampi e ho sentito l’esigenza di raccontarli perché mi hanno appassionato e mi sembrava una vita interessante che potesse incuriosire il pubblico e farlo affezionare al protagonista. Poi, la storia riguardava un passato recente come la Seconda guerra mondiale e gli anni a seguire, con tutte le problematiche della guerra e poi dell’immediato dopoguerra, e con le difficoltà della rinascita di una nazione che sono stati moltissime.

Nel tuo film c’è una sensualità suggerita o sottintesa, come preferisci: perché questa scelta?

Ti riferisci al bacio immagino? Il bacio devi sapere che è una scoperta dell’800, prima non si sapeva che le labbra dessero piacere e io ho voluto velare di mistero questo bacio, che è appunto una scoperta relativamente recente nella storia dell’uomo.

Nel film c’è una grande ricerca del particolare, nella scenografia e nei costumi: come hai fatto a raggiungere questo livello così alto?

Abbiamo fatto, con i miei collaboratori, una grande ricerca iconografica. Gli abiti sono originali prestati per il film da associazioni che si occupano di ricerca storica e di recupero del patrimonio storico e artistico. Mentre le scene d’interno sono girate in diversi musei di tradizione contadina, le esterne sono in location trovate in un lungo peregrinare tra i borghi d’Italia tra i più suggestivi e rimasti incontaminati. Anche per il mobilio e gli oggetti è stata usata grande attenzione alla originalità delle suppellettili stesse.

Cosa intendi donare al pubblico? Cosa può trovare il pubblico di magico nel tuo Mondo magico?

Dono il ricordo di un passato recente, le tradizioni italiane, i ricordi. Comunque la magia del film sono le persone stesse, i suoi protagonisti e la loro voglia di stare insieme. Oltre al fatto che c’è un dualismo nel film su ciò che è vero e ciò che è immaginato o comunque in qualche modo irreale; questo per lasciare spazio anche allo spettatore e alla sua fantasia.

A te stesso, invece, il tuo film cosa sta regalando?

Finora una grossa soddisfazione a livello di Festival, dato che ha ottenuto già due importanti riconoscimenti: il Platinum Remi Award al WorldFest di Huston in Texas e il Merit Award al Rome Web Awards come miglior regia e ora è stato in concorso al Ferrara Film Festival ed è alla sua prima italiana. Il che mi rende molto felice perché spero venga compreso, questo mio film, dal pubblico e anche, naturalmente, apprezzato.