Intervista a Carlo Carlei

The Passenger: dalla sceneggiatura alla graphic novel al film
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Nocturno intervista Carlo Carlei, regista di cult come La corsa dell’innocente, Fluke e Romeo and Juliet. Sue le miniserie Padre Pio, Ferrari e Il generale Della Rovere. La sceneggiatura del suo prossimo film, The Passenger, è diventata una graphic novel a opera di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, edita da Tunuè.

Carlo, presentati ai lettori di Nocturno…

Sono un regista per il cinema e per la televisione, e nella mia carriera ho spaziato in diversi generi. Il mio primo lavoro, un thriller intitolato La corsa dell’innocente, sbarcato in America con il titolo The Flight of the Innocent, è diventato in poco tempo un film di culto, candidato a un Golden Globe e vincitore di diversi festival. Il film mi ha permesso, negli Stati Uniti, di girare un altro film di culto, Fluke, tratto da un romanzo di James Herbert e molto amato dagli animalisti. Dopodiché, ho sviluppato diversi progetti hollywoodiani, tra cui una leggendaria sceneggiatura di Daredevil scritta con Chris Columbus, nel 1996, poco prima che la Marvel fallisse facendo saltare il film a poche settimane dall’inizio delle riprese. Il film si fece con un’altra produzione, a mio avviso molto male, sette anni dopo. Il mio esordio, in ogni caso, fu nel 1990 con il primo medio metraggio in alta definizione mai realizzato, Capitan Cosmo, un tributo al personaggio di Capitan Marvel, a testimonianza del fatto che i fumetti sono per me un grande amore spesso legato a doppio filo con la mia carriera di cineasta. Mie sono poi, con un decennio di anticipo sul trend in Italia, alcune miniserie di successo per la TV quali Padre Pio, Ferrari, Il generale Della Rovere. Poi, nel 2013, sono tornato a Hollywood con una versione di Romeo and Juliet scritta da Julian Fellowes, premio Oscar per Gosford Park e Downtown Abbey. Successivamente mi sono reso conto della necessità di tornare alla pellicola che mi ha portato al successo, e ho iniziato a pensare a un seguito di La corsa dell’innocente che ha portato a alla sceneggiatura di una sorta di sequel ideale, questo mio The Passenger, che riprende il tema del bambino in fuga, una sorta di topos presente in quasi tutti i miei film. Non potendo realizzare immediatamente il film per via di altri impegni, nello specifico una serie di sei film per la TV con Alessandro Gassman ispirati alla serie di libri I bastardi di Pizzofalcone, ho comunque voluto dare uno sbocco concreto all’idea con una graphic novel che potesse, tra le altre cose, veicolare le potenzialità del progetto. In tal senso ho individuato due artisti, Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, a mio avviso perfetti per realizzare il fumetto in questione, oltre che per l’indiscutibile talento per il fatto di essere siciliani e, di conseguenza, sensibili alle tematiche trattate.

Sappiamo che The Passenger diventerà un film. Non essendo nuovo alle contaminazioni tra cinema e fumetto, in che modo la storia si declina nei due diversi linguaggi? Quali sono le rispettive peculiarità? C’è un lost in translation?

La versione della sceneggiatura che ho fornito a Marco e Lelio è una delle prime. Poi, nel tempo, il processo di sviluppo dello script comprende inevitabilmente diverse variazioni che fanno prendere alla graphic novel una strada propria, del tutto soddisfacente a mio avviso. A ogni modo, con tutte le differenze del caso, il fumetto resta una traduzione molto fedele della sceneggiatura del film.

In questo periodo vediamo uno scambio intenso tra fumetto e cinema e, al di là dei cinecomics di ispirazione supereroistica, alcune graphic novel sono state trasposte su grande schermo.

Poche, a dire il vero. Le migliori, a cui ho guardato come modelli e fonti di ispirazione, sono Road to Perdition conosciuto in Italia con l’infelice titolo Era mio padre, e soprattutto A History of Violence, di Cronenberg, un film eccezionale basato su una grande graphic novel.

Sia a livello tecnico sia a livello promozionale e di mercato, il circolo virtuoso dello scambio cinema-fumetto ha ancora tanto da dare?

Se la cinematografia italiana fosse sana e i criteri con cui si decidono i progetti fossero meritocratici e pensati con criterio questo scambio potrebbe essere proficuo, ma in un paese dove si fanno solo commedie, di cui giusto due o tre su dieci con un reale riscontro economico e forse una di esse con un minimo di dignità a livello artistico, ciò non avviene. C’è una differenza abissale fra la creatività di chi lavora nei fumetti e la creatività di chi lavora nel cinema. Se il cinema italiano avesse metà della creatività e del talento a disposizione della scena fumettistica, avremmo una delle migliori cinematografie al mondo. Al contrario, purtroppo, si rimasticano gli stessi concetti alla ricerca della formuletta magica del successo economico.

Possiamo parlare di un cinema sulla difensiva?

È un cinema deprimente, incapace di stare al passo con il cinema mondiale, e non è un Oscar a cambiare le cose, trattandosi di un film, La grande bellezza, profondamente diverso da quanto si fa normalmente in Italia, oltre che costruito per ottenere quel determinato obiettivo.

Chiudiamo parlando del film vero e proprio: due parole sulla realizzazione di The Passenger?

Sarà una produzione internazionale, che spero di iniziare a girare quest’autunno. Siamo in fase di casting, momento che ritengo molto delicato trattandosi di una pellicola retta per lo più da due attori. Sono alla ricerca di un veterano, un grande attore americano o italoamericano, e di un giovane talentuoso che gli tenga testa.