Il cinema, il nudo e l’estasi

Compie 82 anni il capolavoro di Gustav Machatý
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Compie 82 anni il capolavoro di Gustav Machatý che trasformò in diva Hedy Lamarr, entrata a far parte dei sogni erotici di milioni di persone per essere stata la prima attrice a mostrarsi senza veli in un film.

Un uomo, non più giovanissimo, tenta nervosamente di infilare la chiave nella toppa della porta di casa. La mano gli trema, imbarazzato com’è dal suo abito da cerimonia, dall’enorme cilindro e, soprattutto, dalla giovane sposa che porta in braccio. Infine entra. È la prima scena di Estasi, laddove il titolo originale assai moscio, Sinfonia dell’amore, venne subito mutato. Oggi il film compie 80 anni e resta sempre un’icona dell’erotismo. Non è necessario essere psicoanalisti per comprendere, dopo pochi minuti di proiezione, che la scena dell’introduzione della chiave nella toppa denuncia simbolicamente l’impotenza dello sposo e la conseguente disillusione della moglie, chiave di lettura dell’intero film del regista ebreo boemo Gustav Machatý (1901-1963), già assistente di Griffith e Von Stroheim.

Estasi, girato quasi interamente nei boschi cecoslovacchi in tre lingue (francese, tedesco e ceco) a partire dal 1932, vede protagonista la diciannovenne Hedwig Eva Maria Kiesler che non era ancora Hedy Lamarr, cognome acquisito successivamente, per il suo primo film hollywoodiano, Un’americana nella casbah di John Cromwell, accanto a Charles Boyer nei panni di Pépé le Moko,  – si dice – in omaggio all’attrice Barbara La Marr, eroinomane, uccisa, nel 1926, a soli 30 anni dalla tubercolosi e da una grave forma di nefrite.

Hedy fu scritturata per Estasi in veste di sostituta della messicana Lupita Tovar che non volle neppur sentir parlare di nudo (pare che sia ancora viva e abbia 103 anni, glielo si potrebbe chiedere…). Durante le riprese – come racconterà nella sua autobiografia L’estasi ed io (1966) – neppure Hedy, però, si aspetta che le scene di nudo da girare siano integrali (nel 1932 solo nell’hard amatoriale, quello realizzato con i ritagli di pellicola avanzati alle grandi produzioni, ci si spogliava….). E Machatý la inganna con uno stratagemma: non temere, ragazza mia, noi piazzeremo la telecamera su una vicina collina così il tuo nudo sarà molto, molto lontano, e tu quasi irriconoscibile. In realtà, il regista utilizzerà un teleobiettivo e l’attrice scoprirà che il suo nudo è quasi in primo piano solo al cinema, alla prima berlinese, laddove i genitori la portano via indignati. Non sa ancora, la ragazzina, che quel nudo segnerà l’inizio di una straordinaria carriera.

EROS E PANTEISMO

Estasi è un film panteista, addirittura panico, zeppo di simbologie erotiche d’ogni tipo e sono queste, in effetti, che dovrebbero lasciare sconvolti gli spettatori e i critici vergini di sesso sullo schermo. Non i pochi nudi. Tratto dal libro dello scrittore (e attore) austriaco Robert Horky, Estasi è la storia di Eva (già il nome della protagonista è decisamente archetipico…), giovane splendida ragazza che sposa un uomo molto più vecchio di lei con tutte le conseguenze del caso. Già dalla prima notte di nozze, l’uomo si rivela un precisino concentrato ad allineare gli oggetti del bagno in bell’ordine, lavarsi i denti, indossare le pantofole, il pigiamone a righe e la retina per i capelli. Sfiora la moglie solo per sfilarle la collana, ma, assai imbranato, si punge con il fermaglio e basta questo a far volare altrove la sua mente. La moglie viene ignorata. Lei pensa, ripresa in un programmatico primo piano: ho sbagliato? Sì, se ne accorgerà osservando malinconica, nei primi giorni di matrimonio con quest’uomo impotente, le altre coppie che si baciano, che si amano. Lui neppure ci prova a recuperare terreno, considera Eva come un bel soprammobile e si ostina a leggere il giornale a tavola mentre – le allegorie avanzano fotogramma dopo fotogramma – schiaccia un insetto con la gamba della sedia. Inconsapevolmente, ma molto simbolicamente: ha ucciso il volo libero della moglie che si annoia mortalmente. Solo il cagnetto le fa un po’ di compagnia.

IL PECCATO DI ADAMO ED EVA

Per tutta la prima parte del film non ci sono dialoghi, solo le conturbanti musiche dell’italiano (veneto) Giuseppe Becce, autore di centinaia di colonne sonore per altrettante pellicole tedesche (a partire dal 1913, passando per Il Gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene, del 1920, fino a tutti gli anni 50). Ma anche dopo le prime inquadrature, le battute sono ridotte al minimo. Parlano le carte, come la notizia di divorzio (pare sia stata inserita successivamente per buttare acqua sul fuoco del tradimento per non indignare troppo i moralisti): la richiesta verrà inviata al marito abbandonato dal padre di lei, assai comprensivo e affettuoso, dal quale Eva si è rifugiata. Eva è nata in una grande fattoria e, tornata a casa, si rituffa in un profondo rapporto con la natura. Un rapporto che diviene fisico al momento in cui si libera dai vestiti e si tuffa nuda nel laghetto. E qui siamo alle arcinote scene della Lamarr senza veli. E alle sue piccole tette in vista.

Il suo puledro, attratto da una cavallina, fugge e si porta via i vestiti della padrona. Sarà Adam (Aribert Mog), un giovane bell’ingegnere, direttore di un vicino cantiere (dove gli operai lavorano e producono con piglio da realismo socialista), a riportare il cavallo a Eva che è nuda e imbarazzata… Adam si comporta da gentiluomo e restituisce i panni alla donzella dopo averle massaggiato la caviglia che la ragazza si è slogata nel tentativo di nascondersi dietro un albero (a chi fosse interessato alla vita della diva consigliamo la lettura di Hedy Lamarr la donna gatto, Soveria Mannelli: Rubbettino, 2011, di Edoardo Segantini). Affascinante l’immagine di Hedy riflessa nuda, sottosopra, sulle acque del lago. Fra i due nascerà una passionale storia d’amore e la scena dell’amplesso – racconta sempre la Lamarr – fu realizzata da Machatý pungendo il sedere dell’attrice con uno spillone per costringerla ad assumere un’espressione dolorante-estasiata.

EROS & THANATOS

Ci vorrebbe un intero volume per citare tutte le simbologie sessuali del film: dopo il massaggio alla caviglia, ad esempio, il bel ragazzone offre a Eva un fiore che contiene un’ape intenta a impollinare e lei socchiude gli occhi, poi soffia sui petali e libera l’ape. Quando poi Eva torna a casa, il padre non c’è e lei si mette al piano: tutte le finestre sono aperte e le tende sventolano impazzite mentre Eva, in un clima da Sturm und Drang, suona estasiata. Poi esce nel bosco. Infine raggiunge Adam e – dopo un primo piano dei suoi  meravigliosi occhi – ecco la scena in cui si dà a lui. Si abbracciano, si amano, senza una parola. Lui le sfila la collana, stavolta non goffamente come il marito… La natura torna all’attacco: primi piani di fiori che sbocciano. Cose un po’ alla Terrence Malick ultima maniera. Ma lei deve andare, il padre l’attende. E chi trova a casa?Il marito che, pentito, vuol tornare con lei.Troppo tardi, risponde Eva. La mattina successiva, Eva è ancora nel bosco, assiste a una immancabile monta di cavalli mentre – destino cane – Adam chiede un passaggio in auto fino al paese.

A chi? Al marito di Eva, senza, ovviamente, sapere chi è. Lui guida come un pazzo, da vero disperato, è addirittura tentato di non fermarsi al passaggio a livello (e lo spettatore immagina che non si fermerà…). Poi ha un malore. Adam lo accompagna alla locanda perché possa curarsi. Ma lì c’è anche Eva che ignora ogni cosa: si ripete la scena della chiave nella toppa, stavolta, però, è Adam a maneggiarla ed entra sicura. Poco dopo infatti i due sono nella stanza ad amoreggiare, ma si ode un colpo di pistola: il marito si è sparato. Vicino a lui mosche morte. Eros e thanatos. Scena alla Wong Kar-wai di In the Mood for Love con una lampadina che ballonzola dal tetto, Eva sconvolta e Adam appisolato su una panchina accanto a lei, con la testa sulla sua spalla. Lei realizza che deve lasciarlo. E non lo sveglia quando arriva il convoglio. Lei sale e parte. Un po’ “casablancamente” chiede al capostazione: gli dica, quando si sveglia…. No, non gli dica nulla. È troppo devastante il senso di colpa per il suicidio del marito. La scena successiva vede protagonista Adam che ripensa – il montaggio è frenetico, quasi un anticipo di video-clip – alla sua meravigliosa avventura con Eva, nudi bacchici compresi. E poi a un bimbo che lei culla. È nato davvero il frutto del loro amore o è una pietosa fantasia di Adam?

SCANDALI E PRIMATI

Pare che i finali, per ragioni pseudo-moralistici, siano stati più d’uno. Indubbiamente il film ha scandalizzato Europa e America. Basti pensare che al Festival di Venezia del 1934, dove Estasi fu presentato, L’Osservatore Romano lo definì «una pellicola pornografica» (del resto, non ci sorprende: comportamenti analoghi i critici cattolici li attuano anche oggi, nel 2013…). E qui l’immancabile, un po’ trita, polemica sulla primogenitura del nudo al cinema. In realtà, in molti film muti si mostravano nudi: uno fra tutti, quello di Annette Kellerman in A Daughter of the Gods del 1916, dove l’attrice si mostra senza veli sotto una cascata.

Negli Usa l’Hays Code picchiava duro ed era difficile sfuggire alle maglie della legge. In Italia, checché se ne dica, il primo nudo, almeno cronologicamente, fu quello di Vittoria Carpi in La Corona di ferro di Blasetti (1940), seguito da quello di Clara Calamai in La cena delle beffe (1941), sempre di Blasetti, e di Doris Duranti, in Carmela di Flavio Calzavara (1942). La Duranti, però, contestò alla Calamai: «Il mio fu il primo seno nudo ripreso all’impiedi, apparve eretto com’era di natura, orgoglioso, senza trucchi, invece la Calamai si fece riprendere sdraiata, che non è una differenza da poco». Al di là di queste ripicche fra dive e di questi guinness dei primati che lasciano il tempo che trovano, Estasi è indubbiamente il film più coraggiosamente erotico degli anni Trenta.

L’ALTRA HEDY LAMARR

Esiste poi un’altra Lamarr, l’inventrice. Aveva cominciato a studiare ingegneria e, con uno dei suoi sei mariti, il compositore George Antheil, idearono un sistema di individuazione delle frequenze, ispirato a quelle di un pianoforte, applicabile agli armamenti, per esempio ai siluri. Ma la US Navy non ne comprese la portata e lo respinse (salvo utilizzarla negli anni 60 nell’avventura della Baia dei Porci). Delusa dalle istituzioni militari, Hedy non si rifiutò, però, patriotticamente, di prendere gli abiti della suffraggetta per raccogliere fondi per la guerra contro i nazisti: offriva un suo bacio in cambio di 25.000 dollari.

Donna emancipata, femminista ante litteram, Hedy Lamarr non ha mai fatto mistero (anche nella sua autobiografia) delle sue numerose avventure sessuali, anche lesbiche. Una vera donna anticonformista, considerata dallo star system la più bella che abbia mai solcato la collina di Hollywood. Abbinamento esplosivo.