Gruppo (attivo) di famiglia in un interno

Jean-Marc Barr e Pascal Arnold raccontano la comédie humaine senza filtri in Chroniques sexuelles d’une famille d’aujourd’hui: un capolavoro del cinema che fa sul serio...
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Una famiglia francese, della medio-alta borghesia. Benestanti, acculturati. Madre avvocatessa (Valerie Maës), padre con la chierica, abbastanza insignificante (Stephan Hersoen), un nonno vedovo (Yan Brian) e tre figli, Marie (Leïla Denio), Pierre (Nathan Duval) e Roman (Mathias Melloul), il più giovane, un liceale, che osserva e riferisce in prima persona i fatti che lo riguardano e che, di riflesso, riguardano gli altri componenti la famiglia. Si intitola Cronache sessuali di una famiglia di oggi perché il sesso è il motore immobile di tutto. Una legge universale che nessuno può ignorare e che non ignora, soprattutto, il giovane Roman, angustiato dal fatto che a 18 anni non ne ha ancora sperimentato le gioie. I francesi hanno una straordinaria capacità di muoversi lungo la linea sottilissima che separa la cronaca dal grottesco, che spesso sorge spontaneamente dalle situazioni e basta restituirlo. Il problema di Roman è sottaciuto ma serpeggia nel mènage familiare, durante le cene e le altre occasioni conviviali, dove tutti sanno che il ragazzino ancora non ha fatto e lui sa che gli altri sanno e si abbandona alle lacrime.

Questi primi momenti del film di Jean Marc Barr e di Pascal Arnold, con il bravissimo Melloul che sfoga nel pianto la sua condizione di paria del sesso, sono straordinarie, mantenute appunto sul filo di quel grottesco di cui i francesi – la lingua aiuta – possiedono la ricetta unica e che e che difatti si possono permettere il lusso di insegnare al resto del mondo. Ciò che scatena tutto l’inghippo, partendo da una situazione per cui intorno al povero Roman, come intorno alla culla di Eliogabalo, c’è una enorme circolazione di sperma – Marie ci dà dentro di brutto con un barista con il quale da poco messa, Pierre fa le orgette con le amiche e gli amici, perché è bi, il nonno sfoga le sue pulsioni con una prostituta deliziosa (Nathalie) e padre e madre consumano una quantità di preservativi con i giochetti fetish – è che un giorno, a scuola, durante la lezione di biologia – logico – lo beccano mentre si masturba riprendendosi con il cellulare.

C’è solo da immaginare a cosa avrebbe portato un primum movens del genere in un film americano o italiano. Il registro sarebbe andato dalla farsa da college alla sguaiataggine da trivio, con inevitabile sottotesto moralista. Invece Chroniques va avanti perfettamente lungo la linea della premessa, non sbanda, non deraglia. E l’hard è un condimento gradevole della pietanza, non il piatto stesso ma un ottimo pinzimonio o un esaltatore della sapidità. Intercalato con tutta la naturalezza possibile in una storia del genere, è qualcosa che viene a mancare, nel senso di una deminutio capitis del film, un impoverimento del suo essere se si guardano prima la versione completa, quella che Barr e Arnold hanno definito “sessuale” e poi quella battezzata, un po’ ipocritamente, “sensuale”, senza i particolari porno, che non è che non stia in piedi – perché il film c’è; siamo oltre l’amletica farfallina che svolazza di continuo attorno a questo dossier: sarà un film interessante con scene hard o sarà un film interessante per le scene hard?

La messa al centro della scena di Roman, attorno al quale tutti gli adulti, madre, padre e nonno, si stringono per dispensargli consigli onde superare l’empasse della prima volta, va di pari passo con la consapevolezza, che emerge nella descrizione del privato di tutti i componenti della famiglia, che il sesso sia piuttosto una questione di pratica che non di grammatica: la madre che cerca di capire perché Pierre abbia rotto con la fidanzata resta ben indietro rispetto al fatto che il ragazzo – senza troppi problemi o rovelli – ha trovato felicemente il proprio stato ideale nella bisessualità. Marie e il fidanzato godono felicemente i loro amplessi senza parlare o, se lo fanno, parlando delle proprie fantasie sessuali. Il nonno e Nathalie quando si vedono per consumare non dicono un parola. Ridono e basta. E anche i due genitori che in una scena non arrivano a fare l’amore incartandosi sulle parole, danno libero sfogo ai sensi quando levano di mezzo i discorsi.

Roman alla fine, conclude, silenziosamente e gloriosamente, con la bella coetanea Coralie (Adeline Rebeillard) nella sequenza più — in modo programmatico – lunga del film, che avviene nella cornice della sua stanza, nella casa e quindi in seno alla famiglia – ha un senso in un film dove tutti, salvo padre e madre, scopano fuori: chi per boschi, chi in casa di amici, chi nell’appartamento di una prostituta. Il film non è finito e riserva il colpo di scena, fuori scena, della morte del nonno caduto sul campo, cioé tra le braccia di Nathalie per una crisi cardiaca. Siamo un anno dopo lo sverginamento di Roman che ora con Coralie, divenuta una di famiglia, filma i propri amplessi per metterli in Internet. Il ragazzo ha conquistato la propria maturità. C’è però un momento di humour molto sottile, da enfatizzare, in questa chiusura: mentre la madre e Nathalie, venuta in visita per ricordare il nonno, nella camera da letto di quest’ultimo si stanno scambiando un innocente abbraccio di empatia, Roman entra e, vedendole, ha un sussulto, equivocando su ciò che sta accadendo.

E lì i registi sono abilissimi nel mettergli in faccia l’espressione del ragazzino che, come era al’inizio, pensa di vivere in un mondo dove tutti non fanno altro che sesso. E di stare sempre un passo indietro.
Grand dommage che un film del genere sia praticamente lettera morta al di fuori della Francia, dove la critica lo ha cordialmente detestato e il pubblico lo ha accolto in maniera molto tiepida – peggio va con i recensori internettiani che brillano sostanzialmente tutti per stupidità. Che nemmeno gli stessi francesi fossero pronti per Chroniques sexuelles d’une famille d’aujourd’hui?