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L’armadio di Satie

Autore:
Sebastiano Vilella
Editore:
Coconino Press

Il nostro giudizio

L’armadio di Satie è un fumetto del 2016, di Sebastiano Vilella

Nell’acceso dibattito sulle differenze fra letteratura alta e letteratura di intrattenimento – spesso portato avanti con malcelato disprezzo da parte dei sostenitori della prima nei confronti dei fautori della seconda – al netto di furtivi guilty pleasures dissimulati con bonaria ironia, c’è chi afferma che detta differenza semplicemente non esiste, che chi fruisce arte, non solo letteratura, si sta sempre e comunque intrattenendo e che l’autore può, e dovrebbe, offrire sempre spunti di riflessione. La pensa così Sebastiano Vilella, veterano poco conosciuto del fumetto italiano con collaborazioni che vanno da Eureka a Frigidaire passando per Splatter. Vilella veicola il proprio pensiero nel concreto, nella fattispecie con un’opera riconducibile al genere pur essendo profondamente venata di letterario. L’armadio di Satie, edita da una realtà non propriamente legata ai prodotti di consumo come Coconino Press, è una commistione di noir e di mistero ambientata nella Parigi di inizio ‘900 con protagonisti storicamente esistiti, l’anarchico Pierre Lacombe e il musicista Erik Satie.

L’armadio di Satie è un volume di classe, un prodotto curato sia sotto il punto di vista estetico sia nel formato, un oggetto libro che insegue un’idea di bellezza che inizia ancor prima della narrazione vera e propria per svilupparsi entro le pagine stesse, con un’atmosfera cupamente onirica figlia di precise scelte cromatiche, con la scelta cromatica di un verde marcio molto caratteristico a mischiarsi con i chiaroscuri nervosi e pesanti a creare un impasto di colore in sincrono perfetto con la narrazione lenta e crepuscolare di un noir metafisico che restituisce molto al lettore non solo sul piano del testo. L’armadio di Satie è un fumetto con un’ambizione letteraria autentica, sentita e mai, nemmeno per un secondo, di maniera, una storia raccontata con estro ma senza sperimentalismi fini a se stessi da un autore consapevole del proprio medium d’elezione che poco guarda, volutamente, alle tendenze del momento.