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Cuore nero

Autore:
Jacques de Loustal, Philippe Paringaux
Editore:
Oblomov

Il nostro giudizio

Da qualche tempo la casa editrice Oblomov, specializzata in graphic novel e fumetto d’autore, sta pubblicando alcuni volumi di grande formato e di paginazione maggiorata, che raccolgono più albi di un singolo autore o di una coppia di autori, come in questo caso. Tra i volumi di questo genere sono da citare i due con tutte le storie di Alack Sinner di Munoz e Sampayo, un volume con tutte le storie che Tardi trasse dal romanziere Patrick Manchette e lo straordinario volume con l’integrale di Isaac il pirata di Christophe Blain. Ora la casa editrice diretta da Igort ci regala un grande volume che è a mio parere un vero evento editoriale che meriterebbe un giusto risalto. Tradotto da Igort, Paolo Cesari, Stefano Sacchitella e Francesca Scala, il libro intitolato Cuore nero raccoglie ben cinque opere di due autori di grande successo in Francia ma che in Italia si possono ritenere di culto: Jacques de Loustal (1956) e Philippe Paringaux (1944). Sono cinque racconti diversi eppure appartenenti alla stessa atmosfera, pur esplorando differenti epoche e paesi. Cuori di sabbia (1985), Barney e la blue note (1987), Un ragazzo romantico (1994), Kid Congo (1997) e Il sangue della mala (2006) sono la quintessenza del noir, storie dure, di uomini e donne tormentati, di amore e morte, di destini e di sogni disperati. Uno dei più celebri, Barney e la blue note, è anche uno dei più bei ritratti a fumetti di un musicista e di un genere che è noir più di ogni altro: il jazz. Ma sono tutte e cinque storie indimenticabili che hanno una caratteristica più unica che rara: le si rileggono continuamente e non perdono mai quell’aura di mistero che hanno fin da quando le si è sfogliate la prima volta.

Quali sono i motivi per cui queste storie sono eccezionali? Perchè Loustal e Paringaux hanno fatto la storia del fumetto? Beh, è semplice e complesso rispondere, come al solito. Il primo motivo è perchè queste sono storie estremamente innovative. Paringaux scrive senza minimamente frenare il desiderio di mettere giù parole come se scrivesse romanzi, come se il suo obbiettivo fosse letteratura. E ci riesce, sempre evitando l’eccesso di informazioni che uno stile eccessivamente descrittivo potrebbe causare quando il testo è accostato alle immagini. Queste infatti non sono mai un’illustrazione del testo e questo non è mai una descrizione delle immagini. Il rapporto tra testo e immagine è unico in Loustal e Paringaux. La scelta di non usare mai il balloon, il fumetto con il quale i personaggi parlano, dà una forte sensazione di solitudine, di muta sofferenza alle immagini, perfettamente in sintonia con le storie che leggiamo. Inoltre il testo è solo ed esclusivamente posizionato sulla parte bassa della vignetta, isolato eppure così straordinariamente in accordo con il disegno che si ammira al di sopra.

Il secondo motivo è ’arte di Loustal, quasi sempre realizzata dando direttamente il colore sulla tavola. Loustal si ispira poco al fumetto che lo ha preceduto e molto ad un certo titpo di pittura (il fauvismo ma anche David Hockney). Loustal è sempre eccezionalmente riconoscibile e il suo tratto è perfetto per raccontare le storie di Paringaux. Guardando una sua tavola si percepisce la sua diversità, la sua distinzione da tutto il resto. Storie così, a fumetti, non ce ne sono. E forse non le abbiamo mai neppure lette in un libro o viste al cinema, nonostante l’evidente amore dei due per un maestro del noir come Jean-Pierre Melville. Queste storie, pur fortemente debitrici del cinema sono fumetti che potrebbero esistere solo espresse con questo mezzo. Però è proprio ad un altro mezzo, la musica, a cui viene di pensare leggendo le cinque grandi storie di Cuore nero. C’è proprio la sensazione di un suono, creato di pagina in pagina, di una musica costruita con naturalezza da due strumenti, da due mani diverse ma che concorrono a creare un’unicum. E non unendosi mai, correndo separate per sempre, parola e immagine scrivono insieme l’essenza del fumetto e qualcosa che da sole non sarebbero riuscite a dire. L’armonia dolente del noir.