FilmFest München 2018: parlano gli italiani

Incontro con Matteo Botrugno, Daniele Coluccini, Stefano Savona , Gianni Zanasi e Alice Rohrwacher
Featured Image

Al FilmFest München 2018 abbiamo dialogato con diversi registi sulle tendenze attuali del cinema italiano. Hanno risposto alle nostre domande: Matteo Botrugno e Daniele Coluccini (Il contagio), Stefano Savona (Samouni Road), Gianni Zanasi (Troppa grazia), Alice Rohrwacher (Lazzaro felice).

Il giro di domande parte da Matteo Botrugno e Daniele Coluccini.

Nel vostro film, Il contagio, Roma è un personaggio vero e proprio. Che importanza ha per voi l’elemento Roma nella vostra cinematografia?

Roma per noi è sempre stato un riferimento artistico e ambientare i nostri film nella sua periferia, per poi giungere ai piani alti del potere, è un po’ come rappresentare uno spaccato dell’Italia e della criminalità che non è poi così diversa dai piani bassi a quelli alti. Ma ci teniamo a precisare che le nostra non è un’inchiesta e gli eventi sono narrati con gli occhi dei personaggi.

Il vostro film si basa su una pièce teatrale che a sua volta è tratta da un romanzo. Come è avvenuto l’incontro con questo testo?

E’ stato un vero contagio (ridono…); abbiamo visto la pièce teatrale e da lì siamo risaliti al libro (di Nuccio Siano) che però,  essendo del 2008, ha  avuto bisogno di qualche aggiornamento. Da qui è nata la sceneggiatura, alla quale però abbiamo aggiunto molti più dialoghi di quanti non ne prevedesse il romanzo, proprio per renderla cinematografica, ma senza perdere quello che era lo spirito del libro.

Alice Rohrwacher

Tutti i film dei registi qui presenti sono una reazione alla crisi politica italiana attuale, ma tu trovi una diversa risposta nella magia con l’eroe magico e pacifico Lazzaro.

Non so se è una risposta, per me è una pernacchia a questa situazione mondiale senza speranza.

A cosa è dovuta la scelta di un eroe biblico?

In un mondo troppo furbo volevo raccontare di qualcuno che furbo non è, un buono che gli uomini riconoscono come tale anche se poi il suo è solo un passaggio che di certo non cambia alza realtà. Ma volevo raccontare dello sbigottimento che la bontà lascia nel suo attraversare la terra. E mi piaceva anche l’idea di tornare indietro nel tempo ad un mondo agricolo.

Un segreto del tuo film sono gli attori: come li hai scelti?

Adriano Tardiolo, il protagonista, è stato fondamentale per la riuscita del film; lui stesso è un buono, un ingenuo, ed inizialmente non voleva neanche accettare la proposta per un lavoro che non  conosceva.

Gianni Zanasi

Tu ed  Alice avete in comune l’attrice protagonista dei vostri rispettivi film vale a dire Alba Rohrwacher. Quanto facile è stato per lei il ruolo quasi comico che le hai dato nel tuo film Troppa grazia?

Abbastanza semplice; Alba è uno strano animaletto, un’attrice che prova pudore, che non fa finta. Ed era l’unica per me che poteva avere quel ruolo. “Sei l’unica” le ho detto e lei per pietà ha accettato (ride). L’ho lasciata libera di esprimere quello che sentiva, senza che dovesse per forza far ridere o divertire; e la Madonna che lei incontra è molto semplice e classica, un po’ come la si immaginava da bambini.

 Stefano Savona

Samouni Road è un film violento, su una famiglia decimata da un attacco militare che tu hai osservato prima e dopo l’attacco stesso. Cosa puoi raccontarci del tuo lavoro?

Nel film descrivo la crisi europea degli uomini senza nome, uomini che muoiono senza essere riconosciuti. E proprio per questo, quando ricostruisco le vite di caduti, li ricostruisco con l’animazione e do loro un nome, contro la realtà che li fa diventare numeri o santi, e né l’uno né l’altro servono. Nel 2009 ero andato a Gaza per riprendere da vicino, ma era troppo vicino, e la troppa vicinanza, come la troppa distanza, distorce la visione.Quindi osservando dal di dentro, attraverso questa famiglia, ho trovato il modo giusto di raccontare, facendo parlare le storie.

 Alice e Gianni: entrambi i vostri film rispondono alla realtà introducendo l’elemento soprannaturale. Come spiegata questa vostra scelta?

Alice: per me è un modo di rielaborare il passato, e il passato del nostro paese così cattolico, passa attraverso la religione. Ma io volevo mostrare una spiritualità libera, non per forza quella della religione.

Gianni: per me invece il mistico è un modo per bloccare il presente, in un’epoca in cui maciniamo tutto in fretta senza avere il tempo di soffermarci su nulla, e viviamo in un presente costante che non dà alcun valore al passato e al futuro.

Sapevate che anche  Nicolò Ammanniti, in una recente serie TV di successo, Il miracolo, ha utilizzato l’elemento mistico come risposta alla crisi generale del nostro paese?

Gianni: si ho saputo della serie Tv di ammanniti sulla Madonna poco prima che iniziassi le mie riprese, e devo dire che è stato un bel modo per darmi da fare e terminare prima di lui (sorride).